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International Editor's Picks

International Editor's Picks - 16 giugno 2014

16 Giugno 2014 10:03
financialounge -  International Editor's Picks londra Regno Unito settore immobiliare trading USA volatilità
La calma perfetta che non piace a Wall Street
Una volta a far paura erano i “perfect storm”, le tempeste perfette che senza preavviso si abbattevano sui mercati. Ora è la “calma perfetta” a far perdere il sonno ai piani alti delle grandi banche di Wall Street. Ma è un tipo di preoccupazione diversa da quello vissuto alla Fed, dove si teme che la calma piatta preannunci tempesta. Il WSJ riporta che i timori delle grandi banche USA sono molto più concreti. Volatilità assente sui mercati vuol dire attività assente nel trading, che a sua volta vuol dire che nelle prossime trimestrali potrà esserci qualche delusione. Anche perché se la volatilità è praticamente assente dall’azionario, lo è anche dal reddito fisso, che si muove in una sola direzione. Le banche hanno reagito ridimensionando i propri trading portfolio nel primo trimestre e stanno proseguendo nel secondo. Il Journal segnala un’eccezione: JP Morgan, che ha mantenuto intatta la dimensione del proprio equity trading portfolio rispetto all’inizio dell’anno e ha mantenuto così un margine di manovra in più, che potrà aiutare i conti trimestrali.

BoE disarmata contro la bolla di Londra
Si gonfia la bolla immobiliare di Londra. Secondo le stime di Deutsche Bank nel 2013 nella capitale inglese sono state fatte compravendite per un controvalore di 676 miliardi di dollari. Il quadruplo di quelle di New York. E il Wall Street Journal scrive che il governatore della Bank of England potrebbe non solo essere costretto ad alzare i tassi in un Occidente che fa a gara per tenerli bassi, ma anche intervenire direttamente sul mercato dei mutui fissando un tetto a quanto le banche potranno erogare sia in relazione al reddito di chi compra che al valore dell’acquisto. Non sembra un’idea particolarmente brillante. A Londra i prezzi sono spinti alle stelle da oligarchi russi e nuovi ricchi da tutto il mondo che non possono rinunciare a un indirizzo di Belgravia o Mayfair sul biglietto da visita. E che non hanno bisogno di un mutuo per spendere qualche milione di sterline.

In Nord Dakota la corsa all’oro. Nero
Vinti e vincitori tra gli stati americani a 7 anni dalla crisi. Tra i primi, nella classifica di CNN Money, troviamo Nevada, Florida e Arizona, vittime del mercato immobiliare, e Michigan, vittima della bancarotta di Detroit. Passiamo ai vincitori. In testa c’è il North Dakota. Nel piccolo stato al confine con il Canada tra il 2007 e il 2013 il PIL è cresciuto del 71%! Bum! Hanno scoperto il petrolio? La risposta è sì e la leggiamo su Forbes. Le nuove tecniche di fracking hanno fatto la fortuna dello stato, la cui produzione di greggio iniziata nel 2008 è attesa a un milione di barili al giorno per fine 2014 (941.637 barili al giorno in ottobre 2013). Il North Dakota è diventato il secondo produttore di petrolio dell’Unione dopo il Texas, e l’economia in crescita più rapida. E non finirà presto. Finora sono stati estratti solo 244 milioni di barili su riserve shale finora individuate stimate a 6,5 miliardi di barili.
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