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Gli impatti delle opzioni della BCE sull’euro dollaro

4 Giugno 2014 15:00
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Per assistere a un reale rafforzamento del dollaro si dovrà concretizzare o un rialzo dei tassi d’interesse in America (magari prima delle attese) o la partenza del Quantitative Easing (QE) nell’Eurozona.

Secondo Schroders la BCE dovrebbe implementare il QE anche per contrastare il rischio di deflazione e ciò potrebbe essere fatto in tre modi:

1) un acquisto di titoli di stato;

2) l’acquisto di bond societari;

3) l’implementazione di un meccanismo ibrido, come una penalizzazione per le banche che non concedono credito al sistema produttivo.

“L’opzione più probabile è che la BCE opti solo per l’annuncio di un meccanismo ibrido, senza però farlo ancora partire. Se la BCE non dovesse invece compiere alcuna azione sul fronte del Quantitative Easing, si aprirebbe un quadro d’incertezza: l’euro potrebbe sì tornare ad apprezzarsi come carry-currency, ma il risultato non sarebbe scontato a causa dei possibili deflussi di capitali dall’Eurozona” sottolinea Donatella Principe, Responsabile Institutional Business di Schroders Italia.

Draghi ha più volte ribadito che l’euro forte, uno dei problemi per altro alla base della deflazione europea, non è tra i parametri di osservazione della BCE. Tuttavia è ovvio che un euro forte e per un periodo troppo lungo finisca con l’avere un’influenza non marginale sulla gestione della politica monetaria.
I timori di deflazione nell’Eurozona rischiano di essere sottovalutati e l’atteggiamento attendista della BCE, con la scommessa di un recupero guidato dall’esterno, potrebbe preludere a un lento scivolamento nella palude della decrescita dei prezzi.

“La prima opzione a disposizione della Bce per l’implementazione del QE è un acquisto di titoli di stato, uno strumento in realtà indirettamente già utilizzato (sebbene con sterilizzazione): il suo limite starebbe nel fatto che oggi il problema dell’Eurozona non è più il costo del finanziamento del debito pubblico. Inoltre la BCE sarebbe accusata di continuare a sostenere i governi senza fare nulla per aiutare l’economia reale” puntualizza Donatella Principe che poi passa alla seconda opzione, l’acquisto di corporate: “Sarebbe una delle soluzioni ideali, visto che rappresenterebbe un modo di veicolare liquidità direttamente nelle imprese. Tuttavia il mercato corporate europeo non è sufficientemente profondo da rendere questa opzione percorribile senza rischi di bolla”.

L’ultima opzione è l’implementazione di un meccanismo ibrido, come una penalizzazione per le banche che non concedono credito al sistema produttivo.
“Si tratterebbe di uno strumento estremamente efficace, ma, oltre alla difficoltà di monitorare in modo corretto le azioni delle banche, questa soluzione presta il fianco a due critiche importanti: prima di tutto si tratterebbe di un meccanismo i cui costi sarebbero sopportati solo dalle banche, senza rischio per la BCE. Un’asimmetria difficilmente compatibile con stress test e criteri di Basilea. In secondo luogo la BCE potrebbe essere accusata di uscire dal campo della politica monetaria per mettere in atto di fatto una politica industriale” conclude Donatella Principe.
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