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Emerging markets: i plus della strategia long/short

14 Aprile 2014 10:00
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Ridurre l'esposizione alla volatilità ed al beta. È questa la soluzione prospettata da Enrico Camera, Senior Fund Manager di GAM Investment Management per ottenere rendimenti elevati negli investimenti negli emerging markets senza tuttavia doversi esporre alle troppe emozioni tipiche di questi mercati.

“Le opportunità d'investimento nei mercati emergenti sono generalmente ritenute entusiasmanti, ma le loro pronunciate caratteristiche di volatilità e ciclicità le rendono poco idonee per gli investitori meno intrepidi. Gli investitori in strumenti di debito emergenti hanno ad esempio beneficiato di una fase pluriennale di ottimi rendimenti, ma un'ondata di vendite ha annullato i guadagni conseguiti nel 2013 e nel 2012 in valuta locale. L'evoluzione delle azioni non appare molto diversa: i rendimenti cumulati si aggirano intorno allo zero negli ultimi tre anni con violente oscillazioni in entrambe le direzioni (in base all'indice MSCI Emerging Markets in dollari statunitensi)” ricorda Enrico Camera che poi però risponde alla questione di come sia possibile puntare a performance sostenute senza esporsi eccessivamente ai rischi caratteristici degli emerging markets:

“La chiave sta nel ridurre l'esposizione alla volatilità ed al beta. I mercati emergenti presentano una dispersione particolarmente ampia tra le azioni più performanti e quelle dalla performance più deludente. Una ricerca attenta in quest'ambito può rivelarsi pertanto molto più redditizia rispetto a quanto avviene per le piazze sviluppate: quando le informazioni viaggiano meno rapidamente e gli analisti che si occupano della regione sono meno numerosi, le inefficienze di prezzo non sono immediatamente annullate da operazioni di arbitraggio. Adottare un approccio d'investimento non direzionale significa operare una rigorosa distinzione tra i titoli «vincenti» e quelli «perdenti» e posizionare il portafoglio in base alle reazioni del mercato previste, positive o negative che siano”.

A prescindere dalle convinzioni generali e dai flussi di notizie è pertanto cruciale chiedersi quanto sia probabile che una società sorprenda il mercato battendo le aspettative di utile oppure che deluda gli operatori mancando obiettivi eccessivamente ambiziosi. Gli operatori che puntano sulla prima ipotesi acquisteranno il titolo, mentre chi ritiene più probabile la seconda ipotesi assumerà una posizione corta. Questa analisi richiede una comprensione profonda dell'azienda, che consenta di individuarne i mutamenti prima di chiunque altro. Poiché l'allocazione adottata dalla maggior parte degli investitori nelle regioni emergenti si fonda sugli sviluppi macroeconomici a livello di Paese o settore, od addirittura di indice, l'implementazione di un approccio bottom-up (cioè di una selezione rigorosa dei singoli titoli) genera un potenziale di alfa (cioè di extra reddito) ancora maggiore.

L'esperienza insegna che è sempre possibile assumere una posizione corta (ribassista) su un'azione, anche in un contesto di mercati volatili. Nell'assumere posizioni corte è tuttavia molto importante fissare chiari e rigorosi livelli di stop loss (cioè livelli di perdita raggiunti i quali è necessario vendere la posizione in portafoglio) che, una volta infranti, causino la rapida chiusura delle posizioni al fine di evitare che singole esposizioni possano penalizzare la performance complessiva del portafoglio. Per questo motivo il portafoglio tende a implementare posizioni corte di dimensioni ridotte ed ampiamente diversificate.

Anche le posizioni rialziste possono causare perdite, per esempio quando si verificano vendite massicce che colpiscono indiscriminatamente l'intero mercato, come è avvenuto la scorsa estate. In tale occasione il mantenimento di un beta ridotto (cioè di una scarsa correlazione con l’indice di mercato) si è rivelato altamente positivo ed il portafoglio non ha praticamente risentito di tali sviluppi.

“La disciplina è fondamentale. In assenza di notizie sul fronte dei fondamentali, il portafoglio mantiene le posizioni inizialmente assunte in virtù della loro specifica appetibilità, ossia del loro potenziale di revisione degli utili, anche in periodi di debolezza generalizzata dei mercati. Quando le valutazioni scendono, l'esposizione lorda viene gradualmente aumentata allo scopo di sfruttare il probabile recupero delle quotazioni ed il riafflusso di capitali nella classe di attivi” sottolinea Enrico Camera che poi conclude:

“Durante i periodi di volatilità, quando le correlazioni aumentano, l'adeguamento attivo delle esposizioni fa la differenza. Ad esempio prima dell'estate del 2013 si è cominciato a ridurre l'esposizione lorda del fondo portandola all'80% circa, in previsione del calo stagionale dei volumi di negoziazione e della conseguente volatilità, mentre l'esposizione netta è stata ridotta a poco meno del 10%, a fronte di livelli lordi e netti generalmente pari rispettivamente al 120% ed al 25%”.
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