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Alfa di Jensen

L’alfa, il “sacro graal” della gestione attiva

11 Aprile 2014 10:20
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Nell’articolo “Un portafoglio più equilibrato e diversificato”, Giordano Lombardo, Group Chief Investment Officer di Pioneer Investments, ha spiegato le ragioni in base alle quali un portafoglio più equilibrato e diversificato rappresenti la scelta più efficace d’ora in avanti per coniugare le opportunità di guadagno con un rischio adeguato. In questo articolo Giordano Lombardo risponde ad un altro quesito fondamentale: l'approccio d'investimento adottato finora è ancora il più adatto a soddisfare le esigenze degli investitori di fronte alle nuove sfide del mercato?

La risposta è strettamente legata alla necessità di generare maggiori rendimenti per i portafogli dei clienti, in un contesto dove la remunerazione dei titoli privi di rischio è vicina allo zero e i rendimenti attesi dei titoli rischiosi sono stati compressi dal trend di mercato degli ultimi anni.

“Cominciamo col dire che vi sono fondamentalmente due modi "attivi" per migliorare il rendimento atteso del portafoglio: il primo è rendere l'esposizione complessiva ai mercati più diversificata (gestione della componente "beta"); il secondo consiste nell’aumentare la capacità del gestore di portafoglio di generare extra-rendimenti rispetto al benchmark, pur mantenendo una forte attenzione sul rischio (generazione di alfa)” sottolinea Giordano Lombardo che poi indica i tre modi per attuare la diversificazione del beta:

1) ampliare la gamma delle asset class come accade, per esempio, con strategie multiasset;
2) ricorrere ad investimenti illiquidi;
3) adottare un principio di “parità del rischio” (in gergo tecnico, risk parity).

Tutte queste strade sono promettenti ma comportano delle implicazioni da gestire, quando si costruiscono portafogli diversificati. Prima di tutto la semplice aggiunta di classi di investimento non è una scelta saggia quando la correlazione è alta e tutte si muovono nella stessa direzione. Allo stesso tempo, che le correlazioni non sono statiche e possono variare nel tempo per diversi motivi:

1) per cambiamenti strutturali, per esempio, quando mercati originariamente “di frontiera” entrano nella categoria dei mercati emergenti;
2) in situazioni di crisi, quando i mercati con componente di rischio si muovono tutti nella stessa direzione (come le obbligazionari del credito e le azioni durante la crisi);
3) con improvvisi cambiamenti nella percezione degli investitori, come avvenuto in Eurozona quando la crisi del debito ha creato una divergenza fra centro e periferia.

Un altro esempio di diversificazione del beta è fornito da classi di investimento alternative e illiquide, quali il mercato immobiliare, gli hedge fund o fondi di “private equity”. In questo caso, per una pura finalità di extra performance, questa opzione avrebbe senso in quanto tali investimenti forniscono rendimenti attesi tipicamente più elevati rispetto a quelli tradizionali.

“Tuttavia, la diversificazione del beta attraverso investimenti illiquidi potrebbe avere un senso, ma solo per gli investitori con un orizzonte di lungo periodo e che tengano adeguato conto del rischio di liquidità” fa presente Giordano Lombardo.

La terza opzione di diversificazione beta si basa sulla “parità del rischio”. Secondo questo approccio, il portafoglio è costruito considerando il contributo di rischio dei diversi fattori. Se prendiamo un portafoglio equamente investito in azioni ed obbligazioni il rischio complessivo è determinato soprattutto dalla componente azionaria. Anche se questo portafoglio sembra essere ben diversificato in termini di classi di investimento, lo è molto meno in termini di rischio. La parità del rischio mira a massimizzare il rendimento per unità di rischio, riequilibrando il peso del portafoglio di ciascuna classe di investimento per raggiungere un certo livello di rischio complessivo del portafoglio.

“In sostanza, la diversificazione della componente beta è uno strumento prezioso per migliorare i rendimenti e si avvia a diventare sempre più importante in presenza di bassi rendimenti attesi. Tuttavia, questa deve essere adottata con attenzione, perché comporta alcuni rischi (liquidità, leva finanziaria) che non vengono catturati da misure tradizionali come la volatilità” puntualizza Lombardo che poi aggiunge:

“Per questo motivo, riteniamo che migliorare anche la generazione “alfa” sia estremamente importante. L’alfa, come sappiamo è un po’ il “sacro graal” della gestione di portafoglio. Questo approccio enfatizza il ruolo della costruzione del portafoglio sulla base di una combinazione efficace di molteplici strategie di alfa a bassa correlazione e cambia completamente il modo in cui un portafoglio viene costruito e presentato. Come esempio, consideriamo un portafoglio a reddito fisso con un indice obbligazionario aggregato (governativo e credito) come benchmark: il modo tradizionale di rappresentarlo è una combinazione di titoli di stato e obbligazioni ad elevato merito di credito, suddivisi per paesi, rating e durata media finanziaria. Seguendo invece un approccio di costruzione del portafoglio per strategie, lo stesso portafoglio è visualizzato come una combinazione di strategie alfa poco correlate”.

Questo nuovo approccio ha due implicazioni importanti per una strategia di investimento:

1) la possibilità di separare chiaramente i rendimenti dovuti alla componente alfa da quelli derivanti dalla componente beta (esposizione generale ad un mercato);
2) una migliore gestione del rischio del portafoglio complessivo grazie ad un accurato controllo di rischio per ogni singola strategia.
In aggiunta, questo schema contribuisce a migliorare la gestione dei risultati di ogni posizione (risk budgeting), distinguendo nettamente fra strategie vincenti e perdenti e permettendo quindi di uscire prontamente da queste ultime, lasciando invece “correre” quelle vincenti. Inoltre, l’alfa di portafoglio può essere meglio diversificato attraverso i cosiddetti “investimenti alternativi liquidi”, che portano nei portafogli tradizionali alcune tecniche ampiamente utilizzate nel settore dei fondi speculativi, come strategie long/short, credito flessibile e così via.

“In Pioneer Investments abbiamo trascorso gli ultimi anni a rafforzare la cultura della generazione di alfa con strumenti proprietari per la costruzione del portafoglio e di gestione del rischio (risk budgeting). A nostro parere, questo quadro diventerà ancor più cruciale nel difficile scenario che attende gli investitori nei prossimi anni. Il ricorso a strumenti alternativi liquidi è solo l'ultimo esempio di come consideriamo il nostro approccio al processo d’investimento, ovvero non qualcosa di scolpito nella pietra, bensì un processo in evoluzione continua per quanto riguarda le tecniche, ma fermamente basato sulla gestione attiva, guidata dalla ricerca e focalizzata sul controllo del rischio. Al momento adottiamo questo approccio in gran parte delle nostre strategie a reddito fisso e multi-asset e ci stiamo impegnando ad estenderlo ulteriormente alle strategie azionarie e a quelle che verranno al fine di soddisfare le esigenze attuali e future dei nostri clienti” conclude Giordano Lombardo.
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