Europa
Investimenti sempre più emerging market
27 Dicembre 2013 07:00

745 miliardi di dollari, il 4% in più rispetto al primo semestre 2012. A tanto sono ammontati gli investimenti diretti esteri (Ide) a livello globale nei primi sei mesi di quest’anno, che hanno visto prevalere nettamente (con il 60% del totale) le destinazioni verso i paesi emergenti rispetto a quelli indirizzati alle economie avanzate.
Una tendenza che ha rivoluzionato in parte la top ten degli investimenti per paese: crescono infatti gli Ide verso il Regno Unito (che dal quarto posto del primo semestre del 2012 sale al primo), verso la Russia (in ascesa dal 12esimo al quinto posto) e verso il Canada (che dalla nona sale alla settima postazione) mentre scendono a Hong Kong (dal terzo posto al sesto) e negli Stati Uniti (dal primo posto al terzo).
Proprio lo scivolone accusato dagli States ha mobilitato la Casa Bianca a intensificare le relazioni internazionali con l’obiettivo di aumentare l’appeal americano per gli investitori esteri. Anche l’Europa (-20% il controvalore degli investimenti diretti esteri nei primi sei mesi di quest’anno) non sembra attrarre molto gli interessi degli investitori internazionali. Anche perché, come fanno notare gli analisti, si nota una forte crescita delle operazioni di fusione e acquisizioni, più agevoli nei paesi in via di sviluppo che hanno subito una svalutazione delle proprie valute e che hanno regole meno stringenti di quelle europee e americane in tema dei diritti dei soci di minoranza.
Al contrario, invece, sono risultate stabili le operazioni cosiddette greenfield, cioè quelle che vedono un gruppo avviare una nuova attività internazionale (industriale o commerciale) partendo completamente da zero.
Una tendenza che ha rivoluzionato in parte la top ten degli investimenti per paese: crescono infatti gli Ide verso il Regno Unito (che dal quarto posto del primo semestre del 2012 sale al primo), verso la Russia (in ascesa dal 12esimo al quinto posto) e verso il Canada (che dalla nona sale alla settima postazione) mentre scendono a Hong Kong (dal terzo posto al sesto) e negli Stati Uniti (dal primo posto al terzo).
Proprio lo scivolone accusato dagli States ha mobilitato la Casa Bianca a intensificare le relazioni internazionali con l’obiettivo di aumentare l’appeal americano per gli investitori esteri. Anche l’Europa (-20% il controvalore degli investimenti diretti esteri nei primi sei mesi di quest’anno) non sembra attrarre molto gli interessi degli investitori internazionali. Anche perché, come fanno notare gli analisti, si nota una forte crescita delle operazioni di fusione e acquisizioni, più agevoli nei paesi in via di sviluppo che hanno subito una svalutazione delle proprie valute e che hanno regole meno stringenti di quelle europee e americane in tema dei diritti dei soci di minoranza.
Al contrario, invece, sono risultate stabili le operazioni cosiddette greenfield, cioè quelle che vedono un gruppo avviare una nuova attività internazionale (industriale o commerciale) partendo completamente da zero.
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