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Meglio l’equity che i bond

27 Agosto 2013 20:00
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Una riduzione dell’esposizione ai mercati emergenti ed alle asset class legate a questi mercati, prima sul fronte obbligazionario e successivamente sull’azionario e sulle commodity. Un contestuale ribilanciamento dei rischi sui mercati sviluppati, in particolare sull’azionario USA e Giappone. Una preferenza per l’azionario europeo a quello americano le cui valutazioni riflettono già pienamente la loro capacità di generare valore, in termini di utili attesi.

Sono le principali decisioni di portafoglio indicate da Giordano Lombardo, Group CIO di Pioneer Investments che, per quanto riguarda invece la componente obbligazionaria aggiunge: “Sarà fondamentale mantenere un approccio flessibile per aggiustare dinamicamente la duration e l’esposizione al credito e sfruttare attivamente i cicli di breve periodo su tassi e spread tenendo conto che, da questi livelli, i tassi possono muoversi in un’unica direzione: verso l’alto”.

A queste conclusioni operative, Giordano Lombardo arriva dopo alcune riflessioni su diversi fattori. Tra questi vi sono il debito crescente nei paesi sviluppati e l’instancabile stampa di moneta da parte delle Banche Centrali, che potrebbe indurre la creazione di nuove bolle. Inoltre vi sono i maggiori squilibri nella generazione di reddito, la disoccupazione, le crescenti tensioni sociali e la regolamentazione, talvolta non necessaria, in aumento.

“Tuttavia, sebbene esistano elementi di instabilità, è sensato mantenere il sovrappeso sui mercati azionari, specialmente in quelli dei paesi sviluppati, perché ci attendiamo rendimenti attesi più elevati di quelli offerti dalle obbligazioni. Riteniamo infatti che il “vero rischio”, inteso come probabile perdita di capitale, sia maggiormente presente nei mercati obbligazionari piuttosto che su quelli azionari, che offrono un soddisfacente valore nel medio-lungo termine. Ad una precisa condizione: che l’investitore sia in grado di sopportare i picchi di volatilità nel breve periodo” precisa Lombardo che poi parla anche dei due nuovi importanti elementi affiorati sul fronte macro: il dibattito sul progressivo assottigliamento (il cosiddetto tapering) della politica economica estremamente accomodante della Fed e il cambiamento delle attese economiche per la Cina.

“Sul primo di questi fattori riteniamo che l’aspetto più rilevante per gli investitori non sia quando avrà inizio la variazione nella politica economica americana, ma cosa succederà ai mercati azionari quando i tassi cominceranno a crescere, probabilmente il prossimo anno. Per quanto attiene invece all’economia di Pechino, la determinazione con cui i leader cinesi vogliono rimuovere gli squilibri di una crescente bolla sul credito, non è negativa per la Cina nel lungo termine e per la stabilità globale nel suo complesso. Tuttavia, non siamo in grado di quantificare l’impatto che vi sarà concretamente in termini di minore crescita nel breve periodo, ma sospettiamo che non si tratti di una misura trascurabile” commenta Lombardo.

La convinzione è che tali decisioni possano avere ripercussioni anche su altre economie emergenti oltre che sull’economia globale. A luglio il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita degli emergenti, con aspettative di un modesto incremento del PIL nell’ordine del 5% nel 2013 e del 5,5% nel 2014, ben al di sotto della media a 10 anni pari al 6,5%.

“In ogni caso, tra i beneficiari di questo cambiamento nella crescita cinese più lenta e maggiormente dipendente dai consumi interni troviamo, ad esempio, i produttori globali di beni di consumo ed i fornitori di servizi, mentre i produttori di commodity e di semilavorati risulteranno penalizzati” fa presente Giordano Lombardo per il quale le decisioni più importanti da prendere sono quelle legate agli investimenti nei mercati emergenti.

“Nel breve termine, il recente ribasso delle azioni di questi paesi si può tradurre in valutazioni più interessanti, sia in termini assoluti che relativi, ed è possibile un rimbalzo dai livelli attuali. Il vero dubbio però è se la più lenta crescita attesa sia già pienamente scontata dai prezzi di mercato, perché se così non fosse ci si potrebbe aspettare una nuova flessione delle azioni e delle obbligazioni” spiega Lombardo che poi però puntualizza:

“Per il momento preferiamo mantenere il sottopeso sulle obbligazioni emergenti, che continuano a non avere valutazioni appetibili, principalmente per il premio per il rischio di credito relativamente contenuto, mentre vorremmo cogliere le opportunità sull’azionario emergente in maniera sempre più selettiva. Occorre cioè evitare quei paesi e quei settori in cui i fondamentali sono già correttamente scontati dal mercato per concentrarci invece su quelli dove le inefficienze del mercato, manifestatesi ad esempio in eccessivi ribassi in fasi negative, offrono storie di valutazione interessanti”.
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