Fondi obbligazionari
Rating: non sempre è indicativo
1 Agosto 2013 07:00

ultimi anni l’attenzione sui rating, il merito di credito espresso dalle agenzie internazionali specializzate (Standard & Poor’s, Moody’s, Fitch), si è fatta ancora maggiore.
Sebbene non siano mancate le critiche sulla non tempestività delle comunicazioni dei giudizi negativi (come nel caso delle emissioni della Lehman Brothers, che fino al week end precedente al fallimento potevano vantare ancora i rating più elevati), ogni volta che uno stato o una società viene declassata ci sono contraccolpi sulle quotazioni dei titoli interessati.
Tuttavia, non sempre l’alto merito di giudizio mette al riparo dai cali di mercato.
Un recente studio ha infatti messo in evidenza che durante la correzione del mercato obbligazionario nello scorso mese di giugno non c’è stata alcuna differenza di comportamento, in termini di perdite, tra i titoli AAA (eccellenti) e quelli Caa3 (pessima reputazione dell’emittente): anzi, mentre i primi hanno perso addirittura in media il 4,62%, i secondi hanno lasciato sul terreno in media il 3,58%.
Ma anche tra i titoli gli altri livelli di rating si è notato un comportamento disallineato tra la qualità del merito di credito e la performance mensile.
Per esempio i titoli AA2 della scala di Moody’s (ovvero AA- in quelle di S&P e Fitch), in cui rientrano i titoli giudicati di qualità più che buona, hanno perso il 3,49% mentre quelli valutati A3 (A- per S&P e Fitch), di qualità media, non hanno lasciato sul campo più del 2,71%. Stesso comportamento tra le emissioni Baa3 (BBB- per i giudizi di S&P e Fitch), che rappresentano il gradino inferiore della cosiddetta area investment grade non speculativa che hanno perso il 3,32% e i titoli con rating B3 (B- per S&P e Fitch) che hanno limitato le perdite di giugno al 2,43%.
Sebbene non siano mancate le critiche sulla non tempestività delle comunicazioni dei giudizi negativi (come nel caso delle emissioni della Lehman Brothers, che fino al week end precedente al fallimento potevano vantare ancora i rating più elevati), ogni volta che uno stato o una società viene declassata ci sono contraccolpi sulle quotazioni dei titoli interessati.
Tuttavia, non sempre l’alto merito di giudizio mette al riparo dai cali di mercato.
Un recente studio ha infatti messo in evidenza che durante la correzione del mercato obbligazionario nello scorso mese di giugno non c’è stata alcuna differenza di comportamento, in termini di perdite, tra i titoli AAA (eccellenti) e quelli Caa3 (pessima reputazione dell’emittente): anzi, mentre i primi hanno perso addirittura in media il 4,62%, i secondi hanno lasciato sul terreno in media il 3,58%.
Ma anche tra i titoli gli altri livelli di rating si è notato un comportamento disallineato tra la qualità del merito di credito e la performance mensile.
Per esempio i titoli AA2 della scala di Moody’s (ovvero AA- in quelle di S&P e Fitch), in cui rientrano i titoli giudicati di qualità più che buona, hanno perso il 3,49% mentre quelli valutati A3 (A- per S&P e Fitch), di qualità media, non hanno lasciato sul campo più del 2,71%. Stesso comportamento tra le emissioni Baa3 (BBB- per i giudizi di S&P e Fitch), che rappresentano il gradino inferiore della cosiddetta area investment grade non speculativa che hanno perso il 3,32% e i titoli con rating B3 (B- per S&P e Fitch) che hanno limitato le perdite di giugno al 2,43%.
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