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Il bilanciamento del rischio

29 Maggio 2013 08:00
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Ogni asset (azioni, obbligazioni, prodotti strutturati, commodity, real estate ecc.) ha un rendimento previsto superiore a quello monetario che dipende dal suo livello di rischio. Tuttavia, sebbene un asset più rischioso, come per esempio le azioni o le materie prime, faccia presagire una performance più elevata, gli investitori che puntano a realizzare alti rendimenti non dovrebbero limitarsi ad un'elevata allocazione azionaria o in commodity.

Dovrebbero invece puntare su premi al rischio diversificati, costruendo il portafoglio in base al livello di pericolo complessivo desiderato e, soprattutto, tollerato. Questo bilanciamento del rischio si attua in modo efficiente tramite la strategia denomina risk parity, in base alla quale viene attribuita a ogni asset class una pari quota di rischio nel portafoglio: un concetto semplice la cui implementazione, tuttavia, richiede un'attenta analisi dell'evoluzione dei mercati e una stima del rischio che solo le grandi case d’investimento sono in grado di garantire al meglio.

Anche perché, contrariamente a quello che si possa pensare, il risk parity non è un processo meccanico automatico ma, al contrario, offre la possibilità di svariati arricchimenti con elementi di gestione attiva. Il gestore, per esempio, può utilizzare elementi di valutazione (frutto delle analisi macro economiche e di mercato interne) per regolare il peso dei vari asset.

Allo stesso modo, può soppesare la convenienza o meno il concetto di parità di rischio anche riguardo a fattori sottostanti (settori, sub-settori, singoli titoli) al fine di contribuire a creare valore aggiunto con una gestione ancora più attiva soprattutto in contesti, come quelli che abbiamo visto negli ultimi anni, caratterizzati da alterne fasi di avversione o di propensione al rischio.
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