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Emergenti, il rialzo dei tassi globali non spaventa India, Russia e Cina

Tra i meno vulnerabili anche il Brasile. Più esposti al rischio, invece, Cile, Argentina, Turchia e Sud Africa.

3 Gennaio 2018 13:15
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Nell’anno appena concluso l’investimento nel debito emergente si è rivelato piuttosto soddisfacente, soprattutto se valutato in un contesto di rendimenti obbligazionari dell’area euro che sono schiacciati sui minimi storici. L’indice dei fondi obbligazionari Paesi emergenti dal primo gennaio al 27 dicembre 2017 ha evidenziato infatti un rialzo del +4,93%, cioè quasi cinque volte quanto registrato dall’indice generale dei fondi obbligazionari nello stesso arco di tempo (+1,14%). Ma i risultati del passato, come ricordano le pubblicità dei fondi comuni e delle SICAV, non sono rappresentativi del futuro e, in particolare, per il debito emergente è ora più che mai indispensabile essere selettivi. Uno dei modi per scegliere su quali emissioni puntare per il 2018 è quello di individuate i Paesi che rischiano di più a causa di un rialzo dei tassi a livello globale.

Gli esperti di Pictet Asset Management, utilizzando un modello proprietario che tiene conto di 12 fattori di rischio, arrivano alla conclusione che i principali Paesi emergenti (India, Russia e Cina) sono tra i meno vulnerabili. Anche il Brasile, l’ultimo Paese membro dei BRIC, si colloca nel secondo quartile.

“Tuttavia, in coda alla graduatoria possiamo notare la presenza di un gruppo di Mercati emergenti ragionevolmente grandi in termini di PIL: Cile, Argentina, Turchia e Sud Africa, i cosiddetti ‘CATS’ (acronimo delle iniziali dei nomi dei quattro paesi, ndr)” fanno sapere i professionisti di Pictet AM.

“In termini di esposizione del nostro Emerging Markets Equity Team ai Paesi ‘CATS’ stiamo attualmente sottopesando Sud Africa, Argentina e Cile. Nel frattempo, manteniamo una posizione neutrale in Turchia con un’esposizione limitata a specifici titoli del settore bancario” puntualizza Kiran Nandra, Senior Product Specialist di Pictet AM, secondo il quale, sebbene da una prospettiva top-down (ovvero macroeconomica) la crescita della Turchia sembri soddisfacente, è opportuno stare attenti al deficit delle partite correnti e a un possibile peggioramento della situazione fiscale.

“Detto ciò, il settore bancario turco sembra abbia beneficiato dell’introduzione, all’inizio di quest’anno, del Credit Guarantee Fund, che ha aiutato a sostenere i tassi sul credito e il fatturato. Rimane da vedere per quanto tempo continuerà a manifestarsi questo effetto e come le banche intendano finanziare tale credito” specifica Kiran Nandra ricordando, però, che le banche turche hanno uno dei più alti livelli tra i Paesi emergenti di debito in valuta estera come percentuale del loro stato patrimoniale: il rischio di mismatching è presente ed è qualcosa che gli investitori devono considerare quando selezionano i titoli bancari turchi.
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