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Tra Imu e cedolare secca

Fisco e casa: tutte le tasse che si pagano sugli immobili e le scadenze da tenere a mente

In Italia il 75,2 per cento delle famiglie è proprietario della casa dove vive. Sugli immobili bisogna pagare l’Imu, ma non sulla prima casa. Chi affitta può scegliere la cedolare secca con due aliquote sostitutive. Ecco tutto quello che c’è da sapere

di Fabrizio Arnhold 31 Marzo 2021 15:12
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In Italia il mattone è sempre stato considerato un investimento sicuro. Guardando gli ultimi dati dell’analisi “Gli immobili in Italia”, realizzata ogni due anni dall’Agenzia delle Entrate e dal Mef, emerge che il 75,2 per cento delle famiglie italiane è proprietario della casa dove vive. Una propensione alla proprietà che, però, ha il suo peso anche economico. Il patrimonio abitativo complessivo raggiunge i 6mila miliardi di euro, una cifra sulla quale lo Stato mette le mani, con una sfilza di tasse e gabelle sulla casa. Scopriamo quali.

LE TASSE SULLA CASA, UN PO’ DI STORIA


Nel 1992 fu istituita l’Isi, l’Imposta straordinaria sugli immobili, con aliquota del 2 per mille per l’abitazione principale e del 3 per mille per gli altri immobili sulle rendite catastali rivalutate. Poi toccò all’Ici. L’Imposta comunale sugli immobili, che fu istituita nel 1992 con il decreto legislativo n. 504, garantiva un gettito di esclusiva competenza dei Comuni. La Legge di Stabilità 2014 ha introdotto la IUC, che comprende tre tributi diversi: Tari, Tasi e Imu.

LA NUOVA IMU


Altra legge e nuova tassa. La Legge di Bilancio 2020 ha abolito dal 1° gennaio 2020 la IUC, ad accezione della Tari (la tassa sui rifiuti), per sostituirla con la nuova imposta che unifica Imu e Tasi, la nuova Imu. Dal 2020, quindi, non si pagano più due rate diverse per l’Imu e per la Tasi ma una rata unica. La nuova Imu si versa in due rate, una in scadenza il 16 giugno e una il 16 dicembre.

CHI DEVE PAGARE E CHI NO


L’imposta non è dovuta per l’abitazione principale e relative pertinenze, tranne quelle di tipo signorile, abitazioni in ville e castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici. Cosa si intende per abitazione principale? Si tratta di quell’immobile in cui il possessore e la sua famiglia abitano abitualmente e dove hanno la propria residenza anagrafica. Per pertinenze dell’abitazione, invece, si intendono cantina, soffitta o locale di sgombero, autorimessa o posto auto, e tettoia. L’imposta non è dovuta sulla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Esenzione prevista anche per gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (AICP) e per le unità immobiliari appartenenti a cooperative edilizie a proprietà indivisa.

QUANDO L’IMPOSTA È RIDOTTA


Ci sono anche dei casi in cui si deve pagare una Imu ridotta. E riguarda gli immobili concessi in uso gratuito a parenti in linea retta entro il primo grado – ossia il genitore che concede la casa al figlio – e prevede il pagamento dell’imposta scontata del 50 per cento. Per la riduzione della base imponibile, occorre che vengano rispettati alcuni requisiti: il proprietario dell’immobile deve possedere un solo immobile in Italia e risiedere abitualmente nel comune in cui si trova l’immobile oggetto di comodato. In alternativa, il proprietario deve possedere nel medesimo comune soltanto un altro immobile e vi risieda. L’immobile, inoltre, deve costituire abitazione principale per il comodatario e non deve essere di lusso. Serve anche che il contratto sia regolarmente registrato. La nuova Imu è ridotta del 25 per cento, si versa quindi solo il 75 per cento, in caso di fabbricato locato a canone concordato.

COME SI CALCOLA LA NUOVA IMU


Bisogna individuare le base imponibile che è data dalla rendita catastale dell’immobile, rivalutata del 5 per cento. A questo valore si devono moltiplicare dei coefficienti che variano in base alla classe catastale: 160 per cento per le abitazioni di tipo signorile, civile, economico, popolari, ultrapopolari, rurali, villini, ville, castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici, alloggi tipici dei luoghi (categoria catastale da A/1 a A/11, escluso A/10). Il coefficiente da moltiplicare con la rendita rivalutata cala all’80 per cento per uffici o studi privati (categoria A10); al 140 per cento per collegi e convitti, case di cura e ospedali non a scopo di lucro, prigioni e riformatori, uffici pubblici, scuole e laboratori, biblioteche, musei, gallerie, accademie, circoli (categoria catastale da b1 a b8); 55 per cento, infine, per negozi e botteghe (categoria catastale c1).

SCADENZE E MODALITÀ DI PAGAMENTO


L’imposta si può pagare con modello F24 oppure con bollettino di conto corrente postale. L’Imu è dovuta per l’anno in corso e viene calcolata in proporzione alla percentuale di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Si può pagare in un’unica soluzione entro il 16 giugno o in due rate: l’acconto va saldato entro il 16 giugno, mentre il saldo il 16 dicembre.

LA TASSA PER CHI AFFITTA: CEDOLARE SECCA 2021


Chi ha un immobile a reddito, può scegliere la cedolare secca. Si tratta di un regime facoltativo che prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali. Inoltre sui contratti sotto cedolare secca, non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo. Scegliendo questo regime, il proprietario rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone di affitto, anche se previsto dal contratto. Può optare per la cedolare secca anche chi si avvale del regime delle locazioni brevi. Dal 2021, però, questo regime è applicabile alle locazioni brevi solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti. Diversamente è considerata attività svolta in forma imprenditoriale.

QUANDO SI PAGA


La cedolare secca segue le scadenze dell’Irpef. Cambia l’acconto, pari al 95 per cento dell’imposta dovuta per l’anno precedente ma dal 2021 passerà al 100 per cento. Il pagamento dell’acconto va effettuato in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se l’importo è inferiore a 257,52 euro ovvero in due rate, se l’importo è superiore a tale cifra. In questo caso, la prima rata andrà versata entro il 30 giugno e la seconda, che pesa per il restante 60 per cento, entro il 30 novembre. Sono due le aliquote previste con una tassazione del 21 per cento sui contratti d’affitto a canone libero di immobili locati a fini abitativi; tassazione al 10 per cento per i contratti d’affitto a canone concordato.
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