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Capire le differenze

Non solo Cina, alla ricerca del valore ancora nascosto nei mercati emergenti

Un universo sempre più sfaccettato, ricco di occasioni, e con un rapporto tra rischio e opportunità migliore rispetto a pochi anni fa, anche se non ancora prezzato: il ruolo essenziale della consulenza

di Stefano Caratelli 15 Marzo 2021 08:16
financialounge -  cina mercati emergenti Morning News Treasury Usa Weekly Bulletin

Emergenti, emergenti e ancora emergenti. Erano all’attenzione degli investitori da tempo e lo sono ancora di più nel mondo post-pandemico che si sta delineando. In primo luogo per la caccia al rendimento: molti emergenti importanti, come ad esempio il Sudafrica, offrono rendimenti del debito governativo a 10 anni vicini al 10%, contro lo zero più o meno qualcosa di Eurozona e Giappone e il risicato 1,6% dei Treasury americani, origine di nervosismo e tensione anche se ben sotto il 3% e passa cui viaggiava solo 2-3 anni fa. E poi per la crescita economica, che non sempre, anzi raramente, si riflette in aumento della dimensione dei mercati finanziari e soprattutto in performance corrispondenti dei mercati azionari nazionali. Il peso del PIL prodotto dall’area emergente e in via di sviluppo rappresenta ormai il 40% del totale globale, grazie soprattutto al contributo della Cina. Ma in termini di capitalizzazione di borsa si è passati dal 3% rispetto al totale globale di venti anni fa al 14% di oggi. E in termini di performance sull’orizzonte storico di sessant’anni sono praticamente allineati con i mercati sviluppati con un ritorno medio annuo dell’11% contro poco meno del 10%.

SCARSO IMPATTO DELLE TENSIONI SUI TREASURY


In un recentissimo report S&P Global sottolinea che gli asset emergenti hanno registrato solo un lieve sussulto di volatilità a fronte delle tensioni sui tassi dei Treasury americani, bilanciate dalle prospettive di crescita globale che premiano queste economie. S&P rileva che I rischi restano, ma sono limitati ai Paesi che dipendono molto dai capitali esteri e hanno gravi squilibri di bilancio e conti con l’estero, tra cui cita Brasile e Sudafrica, oltre alla Turchia. Comunque gli spread del credito viaggiano ai minimi, perfino sotto i livelli pre-Covid, come mostra la tabella qui sotto che li riporta per regione e mostra quanto sia lontano il picco toccato nella grande crisi del 2008-09 (fonte: S&P Global Ratings Research).


UN MONDO DIFFICILE DA FOTOGRAFARE


È sempre stato difficile fotografare l’universo emergente. Un secolo fa Cile e Argentina vantavano un reddito pari alla Francia. E gli indici di riferimento, come MSCI, FTSE e S&P, non concordano pienamente su cosa è emergente e cosa no. Per alcuni la Corea del Sud è ancora emergente, per altri è già un’economia pienamente sviluppata, lo stesso dicasi per la Polonia. Per questo, quando si investe su un prodotto finanziario, fondo, ETF o altro, con l’etichetta ‘emergente’ sopra, bisogna andare a leggere bene cosa c’è dentro, perché si parla di ingredienti molto diversi tra di loro.

CINA EMERGENTE SOLO PER ETICHETTA


Gli occhi di tutti sono ora ovviamente sulla Cina, che ha superato meglio e prima di tutti la pandemia e si prepara a crescere attorno all’8% nel 2021, anche se Pechino ha messo un target prudenziale a sopra il 6%. In Cina sono attraenti sia le azioni che il debito, che rende ancora oltre il doppio dei Treasury denominato in una valuta, lo yuan, che accumula credenziali di stabilità e affidabilità. Ma anche per la Cina vale l’interrogativo se sia da considerarsi ancora un’economia emergente, visto che sfida il campione globale americano sul suo terreno di forza, vale a dire tecnologia e innovazione. Investire in Cina passando per uno strumento con l’etichetta ‘emergente’ ha sempre meno senso, anche perché si moltiplicano i prodotti dedicati e sofisticati sulle varie classi di azioni quotate a Shanghai e Shenzen. Guardando oltre la Cina e i suoi satelliti, ci sono comunque situazioni interessanti da considerare, sempre con l’ausilio di una consulenza esperta e qualificata.

I NUOVI MERCATI DI FRONTIERA


Una è quella dei ‘mercati di frontiera’, categorizzati da molti indici e fondi come emergenti, che hanno però alcuni tratti specifici, come mercati finanziari e dei capitali poco liquidi e poco strutturati, redditi medi pro-capite ancora bassi rispetto a grandi emergenti come Cina e Brasile, ma anche un potenziale più elevato di rapida crescita e quindi di ritorni superiori, per l’investitore disposto ad accettare un rischio elevato. Una sigla che come una volta quella ormai storica e tramontata dei Bric etichetta i mercati di frontiera è quella dei CIVETS, vale a dire Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, e Sudafrica, ma l’universo si estende anche alla Nigeria, al Bangladesh, e al Botswana. Sono situazioni in cui una delle differenze più importanti la fa la moneta, sia che si parli di azioni che di debito, perché può riservare le maggiori sorprese, sia al rialzo che al ribasso.

GLI EX BRIC ORFANI DELLA CINA


Un’altra galassia che vale la pena di esplorare è quella degli ex Bric ormai orfani della Cina che va per conto suo. Brasile e Russia sono tornati interessanti per la ripartenza del ciclo al rialzo dei prezzi delle materie prime, di cui entrambi sono produttori praticamente inesauribili, mentre l’India ha la sua forza soprattutto nella demografia, che la vede avvantaggiata rispetto alla grande rivale asiatica Cina. Circa il 40% degli indiani ha meno di 25 anni, su cui potrà contare sia come forza lavoro che come consumatori per molti decenni a venire, con un ‘tasso di dipendenza’, vale a dire il peso di chi ha meno di 14 anni o più di 65, destinato a non aumentare fino almeno al 2044, mentre in Cina è già un fattore che assorbe molte risorse sia per il mantenimento degli anziani che dei giovanissimi. Inoltre ha adottato di recente un regime fiscale molto business friendly.

BOTTOM LINE


Per l’investitore globale avventurarsi sui mercati emergenti oggi vuol dire meno rischio e più opportunità di beneficiare di un ritorno superiore rispetto a qualche anno fa. Ma è un beneficio che non viene ancora prezzato dagli indici che misurano il valore degli asset. La volatilità dei mercati emergenti è scesa molto ma i prezzi sono spesso ancora a forte sconto. Il rischio oggi caso mai è non essere in grado di scegliere lo strumento giusto per mettersi nel posto giusto. Nel caso degli emergenti, l’aiuto di una consulenza qualificata non è un ‘nice to have’ ma un ‘must’.

 
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