Bolla dei tulipani
Dai tulipani ai mutui subprime: le più importanti bolle finanziarie della storia
In questi mesi si è riacceso il dibattito sul rischio di nuove possibili bolle: ecco quali sono stati i precedenti, e cosa è cambiato rispetto ad allora
di Antonio Cardarelli 22 Febbraio 2021 13:58
Nel maggio 2017 l’allora presidente della Bce Mario Draghi, ospite del Parlamento olandese per un’audizione, ricevette in dono da un gruppo di deputati un tulipano. Un gesto di cortesia? Non proprio: con quel fiore i parlamentari conservatori volevano trasmettere all’ideatore del Quantitative easing e della svolta espansionistica della politica monetaria della Bce i timori per il rischio di una nuova bolla finanziaria. La prima bolla finanziaria della storia, infatti, si verificò proprio in Olanda e riguardò il commercio dei tulipani.
Complice anche la crisi economica provocata dal coronavirus, le banche centrali di Europa e Usa hanno perseguito la strada del Quantitative easing (l’acquisto dei titoli di Stato) e dei tassi d’interesse bassi con sempre maggiore convinzione. Il risultato è stato un aumento consistente della liquidità immessa nell’economia che, secondo alcuni osservatori, rischia di provocare distorsioni sui mercati. Per questo motivo, negli ultimi mesi, è tornato il dibattito tra chi vede all’orizzonte l’arrivo di una bolla finanziarie e chi crede nella sostenibilità della crescita dei mercati. I rialzi registrati soprattutto sulla Borsa di Wall Street, uscita di slancio dalla crisi pandemica grazie soprattutto ai titoli tecnologici, accendono ancora di più questa contesa.
Prima di passare in rassegna le bolle finanziarie più importanti della storia, è bene definire cosa si intende con bolla finanziaria. Come una qualsiasi bolla di sapone, anche quella finanziaria si riempie di aria fino al momento dello scoppio, che avviene istantaneamente e senza preavviso. Quindi una bolla finanziaria, o bolla speculativa, è l’aumento costante e rapido del prezzo di un asset non giustificato dai fondamentali economici dell’asset stesso. Prima o poi la bolla esplode o si sgonfia rapidamente, e chi ha investito soldi nel momento sbagliato rischia di farsi molto male. Molti analisti, per esempio, si stanno chiedendo se le performance del titolo Tesla, cresciuto del 700% in un anno, o del Bitcoin, passato dai 4mila dollari di marzo 2019 ai 55mila odierni, siano frutto della speculazione o siano sostenuti da trend solidi.
Per provare a rispondere partiamo dalla prima bolla speculativa, che si verificò tra il 1634 e il 1637. Siamo nell’Olanda del “Secolo d’oro”, dove il tulipano era uno status symbol tra i ricchi mercanti del paese. Tecnicamente si trattò di una bolla dei bulbi di tulipano, che venivano scambiati sulla Borsa olandese già a partire dal 1500. Di fatto, questi bulbi venivano comprati solo allo scopo di rivenderli qualche mese dopo, forti della certezza che il prezzo sarebbe aumentato: l’essenza di ogni bolla speculativa, una “profezia” che si autoalimenta. Nel pieno della bolla, un bulbo arrivò a costare più dello stipendio medio annuale di una famiglia olandese. Anche persone non abbienti si indebitavano per comprare quello che oggi definiremmo un “future” sul bulbo di tulipano, e lo faceva utilizzando la “leva finanziaria” cioè acquistavano versando solo un acconto con l’impegno di saldare alla consegna al prezzo pattuito, rischiando così di accumulare grosse perdite nella speranza di ottenere grossi guadagni. Il castello di tulipani, però, crollo dopo un’asta andata deserta nel 1637 ad Haarlem: il panico si diffuse tra i proprietari dei contratti dei bulbi che iniziarono a vendere prima che fosse troppo tardi, dando così il via allo scoppio della prima bolla finanziaria della storia.
Qualche anno dopo toccò alla Francia, dove nel 1720 esplose la bolla del Mississipi, che secondo alcuni storici sarà una delle cause della fine dell’impero coloniale francese. Le azioni oggetto di speculazione furono quella della Compagnia del Mississipi, nata per sfruttare le risorse della colonia americana e diretta da John Law. Attirati da una campagna pubblicitaria ad effetto e dalla crescita dei titoli, tante persone investirono i risparmi della vita o si indebitarono per comprare azioni della Compagnia. Quando si capì che le favolose ricchezze del Mississipi non esistevano, il prezzo scese bruscamente fino ad arrivare a zero. Più o meno negli stessi anni scoppiò la bolla dei Mari del Sud, alimentata dal sostegno del governo inglese alla South Sea Company, che costò un ingente capitale anche a Isaac Newton. Magra consolazione, dopo lo scoppio di questa bolla si diede il via alle prime misure regolatorie sui mercati azionari.
In tempi più recenti, la bolla azionaria da ricordare è quella del 1929 scoppiata a Wall Street, che chiuse in tragedia i “ruggenti anni Venti”. L’euforia sulla crescita a tempo indeterminato del valore dei titoli portò a un aumento costante dei prezzi in Borsa, con acquisti facilitati dalla grande mole di liquidità messa sul mercato dalla Federal Reserve. Tanti piccoli risparmiatori si lanciarono nell’investimento in Borsa restando intrappolati nella bolla speculativa quando, nell’ottobre del 1929, Wall Street crollò. Con la definizione “bolla delle dot.com” si indica, invece, il crollo delle azioni dei titoli tecnologici registrato nel 2000. In quel periodo c’è una vera e propria corsa verso l’acquisto indiscriminato di titoli di società legate a internet, la “next big thing” che promette ricchezza e benessere. L’indice tecnologico Nasdaq supera i 5mila punti e qualsiasi società tech che si quota a Wall Street fa il pieno di sottoscrizioni. Ma nel marzo del 2000 queste società pubblicano i primi bilanci e gli investitori si rendono conto che i modelli di business sono tutt’altro che remunerativi. Scatta così una corsa alle vendite, molte aziende falliscono e altre (Amazon, eBay, Apple) impiegheranno anni per riprendersi. Anche oggi sono proprio le società tech ad attirare i dubbi di diversi analisti, ma rispetto al 2000 bilanci e modelli di business della maggior parte di esse sembrano avere basi molto più solide.
L’ultima bolla finanziaria che merita una citazione in questa rassegna è certamente quella del 2008, definita dei “mutui subprime”, raccontata magistralmente nel film “La Grande Scommessa”. Culminata nel fallimento di banche storiche come Lehman Brothers, questa crisi è stata innescata dal crollo del mercato immobiliare americano che scoprì un sistema basato sulla concessione di mutui a persone non in grado di ripagare il debito. Inoltre, questi mutui venivano “impacchettati” e inseriti in strumenti derivati venduti poi sui mercati finanziari di tutto il mondo. Fu così, in parole povere, che il crollo del mercato immobiliare americano diede origine a una delle più grandi crisi finanziarie globali di sempre. Rispetto ad allora, va sottolineato, gli enti che regolano i mercati hanno inserito misure di controllo più stringenti proprio allo scopo di evitare il ripetersi di eventi simili. Alle banche, per esempio, vengono chiesti criteri finanziari più solidi.
DIBATTITO APERTO
Complice anche la crisi economica provocata dal coronavirus, le banche centrali di Europa e Usa hanno perseguito la strada del Quantitative easing (l’acquisto dei titoli di Stato) e dei tassi d’interesse bassi con sempre maggiore convinzione. Il risultato è stato un aumento consistente della liquidità immessa nell’economia che, secondo alcuni osservatori, rischia di provocare distorsioni sui mercati. Per questo motivo, negli ultimi mesi, è tornato il dibattito tra chi vede all’orizzonte l’arrivo di una bolla finanziarie e chi crede nella sostenibilità della crescita dei mercati. I rialzi registrati soprattutto sulla Borsa di Wall Street, uscita di slancio dalla crisi pandemica grazie soprattutto ai titoli tecnologici, accendono ancora di più questa contesa.
COS’È UNA BOLLA FINANZIARIA
Prima di passare in rassegna le bolle finanziarie più importanti della storia, è bene definire cosa si intende con bolla finanziaria. Come una qualsiasi bolla di sapone, anche quella finanziaria si riempie di aria fino al momento dello scoppio, che avviene istantaneamente e senza preavviso. Quindi una bolla finanziaria, o bolla speculativa, è l’aumento costante e rapido del prezzo di un asset non giustificato dai fondamentali economici dell’asset stesso. Prima o poi la bolla esplode o si sgonfia rapidamente, e chi ha investito soldi nel momento sbagliato rischia di farsi molto male. Molti analisti, per esempio, si stanno chiedendo se le performance del titolo Tesla, cresciuto del 700% in un anno, o del Bitcoin, passato dai 4mila dollari di marzo 2019 ai 55mila odierni, siano frutto della speculazione o siano sostenuti da trend solidi.
LA FEBBRE DEI TULIPANI
Per provare a rispondere partiamo dalla prima bolla speculativa, che si verificò tra il 1634 e il 1637. Siamo nell’Olanda del “Secolo d’oro”, dove il tulipano era uno status symbol tra i ricchi mercanti del paese. Tecnicamente si trattò di una bolla dei bulbi di tulipano, che venivano scambiati sulla Borsa olandese già a partire dal 1500. Di fatto, questi bulbi venivano comprati solo allo scopo di rivenderli qualche mese dopo, forti della certezza che il prezzo sarebbe aumentato: l’essenza di ogni bolla speculativa, una “profezia” che si autoalimenta. Nel pieno della bolla, un bulbo arrivò a costare più dello stipendio medio annuale di una famiglia olandese. Anche persone non abbienti si indebitavano per comprare quello che oggi definiremmo un “future” sul bulbo di tulipano, e lo faceva utilizzando la “leva finanziaria” cioè acquistavano versando solo un acconto con l’impegno di saldare alla consegna al prezzo pattuito, rischiando così di accumulare grosse perdite nella speranza di ottenere grossi guadagni. Il castello di tulipani, però, crollo dopo un’asta andata deserta nel 1637 ad Haarlem: il panico si diffuse tra i proprietari dei contratti dei bulbi che iniziarono a vendere prima che fosse troppo tardi, dando così il via allo scoppio della prima bolla finanziaria della storia.
SPECULAZIONE SULLE COLONIE: MISSISSIPI E MARI DEL SUD
Qualche anno dopo toccò alla Francia, dove nel 1720 esplose la bolla del Mississipi, che secondo alcuni storici sarà una delle cause della fine dell’impero coloniale francese. Le azioni oggetto di speculazione furono quella della Compagnia del Mississipi, nata per sfruttare le risorse della colonia americana e diretta da John Law. Attirati da una campagna pubblicitaria ad effetto e dalla crescita dei titoli, tante persone investirono i risparmi della vita o si indebitarono per comprare azioni della Compagnia. Quando si capì che le favolose ricchezze del Mississipi non esistevano, il prezzo scese bruscamente fino ad arrivare a zero. Più o meno negli stessi anni scoppiò la bolla dei Mari del Sud, alimentata dal sostegno del governo inglese alla South Sea Company, che costò un ingente capitale anche a Isaac Newton. Magra consolazione, dopo lo scoppio di questa bolla si diede il via alle prime misure regolatorie sui mercati azionari.
CROLLI A WALL STREET: 1929 E DOT.COM
In tempi più recenti, la bolla azionaria da ricordare è quella del 1929 scoppiata a Wall Street, che chiuse in tragedia i “ruggenti anni Venti”. L’euforia sulla crescita a tempo indeterminato del valore dei titoli portò a un aumento costante dei prezzi in Borsa, con acquisti facilitati dalla grande mole di liquidità messa sul mercato dalla Federal Reserve. Tanti piccoli risparmiatori si lanciarono nell’investimento in Borsa restando intrappolati nella bolla speculativa quando, nell’ottobre del 1929, Wall Street crollò. Con la definizione “bolla delle dot.com” si indica, invece, il crollo delle azioni dei titoli tecnologici registrato nel 2000. In quel periodo c’è una vera e propria corsa verso l’acquisto indiscriminato di titoli di società legate a internet, la “next big thing” che promette ricchezza e benessere. L’indice tecnologico Nasdaq supera i 5mila punti e qualsiasi società tech che si quota a Wall Street fa il pieno di sottoscrizioni. Ma nel marzo del 2000 queste società pubblicano i primi bilanci e gli investitori si rendono conto che i modelli di business sono tutt’altro che remunerativi. Scatta così una corsa alle vendite, molte aziende falliscono e altre (Amazon, eBay, Apple) impiegheranno anni per riprendersi. Anche oggi sono proprio le società tech ad attirare i dubbi di diversi analisti, ma rispetto al 2000 bilanci e modelli di business della maggior parte di esse sembrano avere basi molto più solide.
LA CRISI DEI MUTUI SUBPRIME
L’ultima bolla finanziaria che merita una citazione in questa rassegna è certamente quella del 2008, definita dei “mutui subprime”, raccontata magistralmente nel film “La Grande Scommessa”. Culminata nel fallimento di banche storiche come Lehman Brothers, questa crisi è stata innescata dal crollo del mercato immobiliare americano che scoprì un sistema basato sulla concessione di mutui a persone non in grado di ripagare il debito. Inoltre, questi mutui venivano “impacchettati” e inseriti in strumenti derivati venduti poi sui mercati finanziari di tutto il mondo. Fu così, in parole povere, che il crollo del mercato immobiliare americano diede origine a una delle più grandi crisi finanziarie globali di sempre. Rispetto ad allora, va sottolineato, gli enti che regolano i mercati hanno inserito misure di controllo più stringenti proprio allo scopo di evitare il ripetersi di eventi simili. Alle banche, per esempio, vengono chiesti criteri finanziari più solidi.
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