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Global Fixed Income

I Paesi emergenti tornano ad attirare gli investitori obbligazionari

Il terzo Global Fixed Income Study di Invesco ha coinvolto 159 CIO e proprietari di asset obbligazionari di tutto il mondo, rivelando scelte di portafoglio sempre più orientate al debito emergente e ai fattori ESG

di Leo Campagna 20 Maggio 2020 07:45
financialounge -  Global Fixed Income Invesco Morning News obbligazioni Paesi emergenti

Un ulteriore incremento, dal 60% del 2019 all’attuale 72%, dell’esposizione al debito dei Paesi emergenti. Un vertiginoso aumento verso i fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) nei portafogli a reddito fisso. Una certa preoccupazione per la liquidità del mercato obbligazionario, anche prima del Covid-19. Sono alcune delle principali evidenze emerse dal terzo Global Fixed Income Study annuale che Invesco ha condotto intervistando 159 CIO e proprietari di asset obbligazionari di tutto il mondo, detentori di un patrimonio in gestione (AUM) pari a 20 mila miliardi di dollari USA (al 31 dicembre 2019).

CRESCE L’INTERESSE PER IL DEBITO EMERGENTE


Continua quindi a rafforzarsi l’interesse per il debito emergente: tassi di crescita economica superiore a quella dei Paesi sviluppati, rendimenti relativamente interessanti e diversificazione hanno indotto gli investitori a incrementare le allocazioni all’asset class. Tuttavia, il 63% del campione preferisce allocazioni specifiche per i vari Paesi, con la Cina in primo piano. Il colosso asiatico attrae per le incoraggiati prospettive della sua economia e ora sembra offrire vantaggi straordinari in termini di diversificazione e di riduzione delle barriere all’investimento.

L’OBBLIGAZIONARIO CINESE SUPERATO SOLO DAI TREASURY USA


“Dovendo fare i conti con portafogli ‘core’ dai tassi ai minimi storici, gli investitori nella regione EMEA (Europe, Middle East, and Africa) si sono orientati sul debito emergente per rafforzare le fonti di rendimento. Al contrario degli investitori in Nord America che tendono a considerare le obbligazioni dei paesi in via di sviluppo come uno strumento di diversificazione”, ha affermato Nick Tolchard, Head of EMEA, Invesco Fixed Income che poi aggiunge un altro aspetto di rilievo: l’obbligazionario cinese ha rappresentato una delle migliori asset class quest’anno, superato solo dai Treasury USA.

NOTEVOLE INCREMENTO DELL’INTEGRAZIONE DEI FATTORI ESG


Un’altra evidenza messa in luce dallo studio di Invesco è il notevole incremento dell’integrazione dei fattori ESG nei portafogli degli investitori obbligazionari, in particolare nell’area EMEA, dove la percentuale di CIO che ha dichiarato di adottarli è salita dal 51% dello scorso anno all’80%, e nell’area Asia Pacifico (dal 38% al 69%). Tra le molteplici ragioni di questo trend indicate dal campione dello studio di Invesco spiccano il 60% relativo all'allineamento ai principi dei beneficiari, il 44% dovuto alla gestione del rischio di credito e alla protezione da downside, e il 50% per il miglioramento dei rendimenti.

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INVESTITORI EMEA PIÙ POSITIVI SUGLI INVESTIMENTI SOSTENIBILI


Gli investitori EMEA hanno l’atteggiamento più positivo tra quelli intervistati in tutte le regioni: il 52% ha dichiarato che l’incorporazione dei fattori ESG nei portafogli obbligazionari ha favorito i rendimenti, mentre il 34% si aspetta infatti che tali aspetti assumano una “influenza decisamente maggiore” nell’arco di tre anni. “Esisteva il dubbio che l’integrazione ESG potesse compromettere la performance, ma l’atteggiamento è cambiato. In tutte le regioni sola una piccola percentuale di investitori ha riferito che l’integrazione ESG ha ostacolato i rendimenti”, ha sottolineato Tolchard.

PREOCCUPA LA LIQUIDITÀ DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO


Infine, dallo studio di Invesco è emersa con chiarezza una potenziale fonte di preoccupazione: il 51% degli intervistati teme per la liquidità del mercato obbligazionario. A generare questi timori l’incertezza sul comportamento dei mercati obbligazionari in periodi più difficili alla luce dell’introduzione di disposizioni come la legge Dodd-Frank (la riforma di Wall Street per promuovere una più stretta e completa regolazione della finanza statunitense) e la riduzione del numero e dei volumi dei tradizionali market maker dopo la crisi finanziaria globale.
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