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Contango, cos’è e perché incide così tanto sul prezzo del petrolio

GAM analizza gli aspetti tecnici che hanno portato al crollo del petrolio, legati ai contratti futures e al loro rinnovo a seconda delle scadenze temporali. Il rischio di costi molto alti durerà ancora qualche mese

di Virgilio Chelli 24 Aprile 2020 15:07

Dopo i minimi storici toccati dal prezzo del petrolio, arrivato addirittura a quotazioni sottozero per i contratti futures sulla scadenza a maggio, tornano di attualità i rischi impliciti estremamente elevati dell’investimento sul greggio e sugli strumenti finanziari collegati. Un aspetto particolarmente rilevante è il cosiddetto “contango”, un fenomeno già osservato dall’economista Keynes e che indica la possibilità che il prezzo per la consegna immediata sia più basso di quello futuro espresso dai futures per consegne successive. Il fenomeno opposto, vale a dire un prezzo spot più alto di quello dei futures, è invece definito“backwardation”.

CONTANGO E BACKWARDATION, DUE FENOMENI OPPOSTI CHE PESANO SULL’INVESTIMENTO


Gli investitori puramente finanziari, non interessati quindi alla consegna “fisica” del petrolio, sono così forzati, mese per mese, se vogliono mantenere la posizione al rialzo o al ribasso, a “rinnovare” il contratto futures in scadenza, vendendo quello più vicino nel tempo e acquistando il successivo. Il fatto che i prezzi non siano uguali crea un costo di rinnovo, il “contango”, perché il prezzo del primo contratto è inferiore al secondo, ma può anche generare un rendimento nel caso opposto, vale a dire la “backwardation”.

QUANDO SI INVESTE NEL PETROLIO NON BASTA TENERE CONTO DELLE ASPETTATIVE SUI PREZZI


Il tema è analizzato in un commento a cura di Massimo De Palma, responsabile del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) Sgr, il quale sottolinea che quando si investe in petrolio bisogna tenere conto non solo delle aspettative sui prezzi, ma anche di questo fattore tecnico, perché può influenzare drammaticamente il risultato dell’investimento. L’esperto di GAM spiega che nel recente crollo del prezzo del greggio l’effetto scatenante iniziale è stato determinato dalla mancata reazione dei principali produttori allo shock di domanda e, successivamente, da un taglio produttivo giudicato insufficiente rispetto alle proporzioni della crisi.

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IL CROLLO È AVVENUTO PERCHÉ SI SONO ESACERBATE LE DIFFERENZE DI PREZZO


In questo contesto, prosegue l’analisi di De Palma, molti hanno fatto investimenti speculativi sul WTI, il benchmark americano il cui prezzo era prossimo ai minimi storici, il che ha causato ulteriori distorsioni, particolarmente evidenti guardando l’andamento dell’Etf US Oil, noto anche come Uso, il più grande al mondo con una capitalizzazione di 4 mld di dollari). Il fondo aveva una porzione significativa di contratti aperti da rinnovare, e vendendo massicciamente il futures su maggio e comprando quello a giugno ne ha esacerbato la differenza di prezzo, creando costi di rinnovo altissimi. Successivamente lo stesso fenomeno ma più contenuto si è trasferito sulla scadenza di giugno rispetto a quella di luglio.

OCCORE FARE ATTENZIONE CHE I BENEFICI DEL RIALZO NON SIANO ANNULLATI DA UN ALTO CONTANGO


L’esperto di GAM sottolinea che per ottenere un profitto dall’investimento in petrolio non basta “pensare che il prezzo risalga”, sarebbe troppo facile, mentre è invece certo che, con il ritorno della domanda, il greggio troverà una base da cui ripartire. Ma è necessario che i benefici del recupero del prezzo non siano mitigati o addirittura annullati dai costi di rinnovo. Il rischio di un contango altissimo, passibile anche di costare oltre il 50% mese su mese, secondo De Palma permarrà per qualche tempo, aggravato dagli ingenti flussi finanziari, da una domanda fragilissima e dall’alto livello delle scorte.
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