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ClearBridge Investments

“La crisi del petrolio Usa non è finita e costerà molti posti di lavoro”

Secondo ClearBridge Investments, affiliata Legg Mason, la gran parte dei produttori americani dovrà ridurre estrazioni e trivellazioni con una riduzione possibile fino al 30% e la perdita di molti posti di lavoro

di Virgilio Chelli 23 Aprile 2020 19:00

I mercati del greggio hanno imposto un drastico calo della produzione americana a causa del crescere delle eccedenze invendute, che non riescono più ad essere assorbite dalle capacità logistica di trasportare petrolio nei punti di stoccaggio a Cushing, in Oklahoma. Per questo, il contratto futures sul petrolio West Texas Intermediate (Wti) con consegna a maggio ha registrato per la prima volta nella storia prezzi negativi, mentre la scadenza a giugno ha poi recuperato in area 15 dollari al barile.

IL CROLLO DEI FUTURES PUÒ RIPETERSI A GIUGNO


Ma la domanda americana ad aprile è scesa a solo 30 milioni di barili al giorno a causa del blocco delle attività economiche auto-imposto per contrastare il diffondersi dell’epidemia di coronavirus, e anche i futures per la consegna a giugno potrebbero crollare in maniera simile, con blocchi forzati alla produzione man mano che la capacità di stoccaggio arriva al limite, cosa che potrebbe avvenire anche molto rapidamente.

MOLTI PRODUTTORI AMERICANI DOVRANNO TAGLIARE


È l’analisi di Dimitry Dayen, Senior Research Analyst Energy dell’affiliata Legg Mason ClearBridge Investments, secondo cui questa situazione comporta che la maggior parte delle aziende statunitensi del settore dovranno ridurre la produzione, volontariamente o a causa dei limiti della capacità di stoccaggio. Nei giorni scorsi è già stato registrato un taglio equivalente a circa un milione di barili al giorno, e non sarebbe sorprendente se la riduzione arrivasse anche a 3-4 milioni di barili al giorno, vale a dire circa il 30% del totale, nei prossimi 1-2 mesi.

IL CALO DEI PREZZI POTREBBE CONTINUARE


Secondo l’esperto, il crollo dei contratti futures sul Wti potrebbe continuare finché le scorte non cominceranno a normalizzarsi, e prevede che, viste le mosse dell’Opec e il calo della produzione, la domanda dovrà tornare vicino ai 10/11 milioni di barili al giorno prima che lo stoccaggio si stabilizzi. Dayen sottolinea che l’accordo Opec sarà effettivo da maggio e quindi le vendite di aprile sono ancora a livelli da ‘guerra dei prezzi’, anche se ora si parla di un possibile taglio da parte dell’Arabia Saudita nei prossimi giorni.

UNA STABILIZZAZIONE ARRIVERÀ SOLO A LUGLIO


L’Agenzia internazionale dell'energia stima che la domanda sia scesa di 30 milioni di barili al giorno ad aprile, mentre per maggio prevede un meno 25 milioni di barili al giorno, per passare ad ancora meno 15 per giugno e meno 6 o 7 per luglio. Se la previsione si rivelerà accurata, osserva l’esperto di Legg Mason, il settore si stabilizzerà dunque solo a luglio. Il tutto comporterà un forte impatto sull’occupazione nel settore dell’energia americano.

“Attenzione ai rimbalzi, la storia insegna che possono ingannare”


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TRUMP HA ANNUNCIATO UN PIANO DI SUPPORTO


L’upstream impiega circa 1,15 milioni di addetti, e quasi un altro milione e mezzo sono impiegati nel trasporto, distribuzione e stoccaggio. Secondo Dayen è lecito attendersi che molti perderanno il lavoro nell’upstream, perché la maggior parte dei posti di lavoro è nei servizi all’industria petrolifera, e tendono ad andare di pari passo con il numero di pozzi attivi e di trivellazioni. I pozzi attivi sono calati a 529 da 800 a metà marzo, e il trend è in discesa. Anche se Trump ha annunciato che un piano per l’industria del petrolio, al momento resta una dichiarazione di intenti, e non si hanno ancora certezze.
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