Dopo settimane in apnea il
petrolio prova a rialzare la testa. Alcune notizie stanno infatti facendo sperare in un recupero delle
quotazioni del greggio, a partire dalla presa di posizione del presidente americano, Donald Trump che ha detto di aver parlato con i leader di Arabia Saudita e Russia e di essere fiducioso nella possibilità che “i due paesi sotterrino l’ascia e pongano fine alla guerra” abbassando la produzione e sostenendo così i prezzi. Una visione condivisa dal presidente russo Vladimir
Putin, che ha lanciato un appello affinché si trovi una soluzione a un mercato petrolifero che si presenta “sfidante”.
GLI STATI UNITI SONO LA VERA VARIABILE IN QUESTA PARTITA
“I petroliferi sono in una situazione particolare e molto dipende dalla reazione degli Stati Uniti perché un
prezzo del greggio così basso metterebbe ko l’intera industria shale oil e farebbe fallire molte imprese che si sono molto indebitate, per questo le dichiarazioni di Trump fanno bene sia al
Brent che al
Wti salite del 10%”, spiega a Financialounge.com,
Emanuele Canegrati senior analyst di
Bp Prime, “tuttavia il prezzo attuale non è ancora sufficiente (27 dollari per il Brent e 22 dollari per il Wti) se salirà sarà un bene per tutti e anche per i titoli quotati: tutto il settore energetico deve veder un rimbalzo dei prezzi vale per
Saipem, quanto per Tenaris, che è quella che nell’ultimo mese ha perso di più passando da 18,56 dollari a 12,05 nel listino di New York, ad
Eni che in trenta giorni è scesa da 11,12 euro agli attuali 9,73 euro per azione”.
MOLTO DIPENDERÀ ANCHE DALLA POLITICA DEI DIVIDENDI
“L’andamento delle azioni di questo settore sono degli effetti collaterali dovuti ai disaccordi tra i vari produttori, quindi Russia e Arabia in questo caso, e Stati Uniti”, spiega a Financialounge.com l’analista
Francesco Maggioni, fondatore del software
Cycle Compass, “oltre al prezzo del petrolio ai minimi storici anche l'unico acquisto di Buffett quest'anno testimonia quanto il settore sia a notevole sconto. Infatti
Buffett acquistò una partecipazione in Occidental Petroleum, unica operazione fino ad adesso del 2020. Quindi abbiamo un effetto geopolitico su Eni,
Tenaris e Saipem. Inoltre su Eni (ma quindi anche su Enel) bisognerà vedere cosa le società decidono per i dividendi. Difficile che il Tesoro, in questa situazione, rinunci ai dividendi, che farebbero comodo forse per impiegarli in aiuto alla situazione del
Covid. Quindi la salita di Eni potrebbe riflettere il fatto che circolino rumor sulla conferma del dividendo”.
La provocazione della tedesca Commerzbank: “Vendete Btp italiani, diventeranno spazzatura”

ENI RIVEDE LA QUOTA DI RESISTENZA A 10 EURO
“Fondamentalmente si lavora ad un accordo tra Arabia e Russia tramite
Trump che potrebbe arrivare già entro questa settimana”, spiega a Financialounge.com
Vincenzo Longo, market strategist di
Ig Group. “Sui fondamentali c’è da dire che l’eccesso di offerta rimane ampio e continua ad ampliarsi proprio alla luce del lockdown che continuerà sia in Europa che negli Stati Uniti. Per questo il
rimbalzo può proseguire ancora ma la strada da percorrere è tanta e i livelli pre crisi non sono raggiungibili perché di fronte abbiamo uno scenario ancora molto depresso. Per quanto riguarda
Eni si sta avvicinando verso la soglia dei 10 euro, una soglia resistenziale e stimiamo una quotazione di 10,50 come massimo”.
LA VISIONE DI SACE (CDP): RIPRESA A PARTIRE DALLA META’ DEL 2020, PIÙ FORTE NEL 2021
L’emergenza del
coronavirus ha accelerato le criticità già da tempo presenti nel settore del petrolio e del gas, innestandosi sul fallimento dopo tre anni di
Opec+ che aveva comunque mantenuto un certo equilibrio nei mercati. “Lo shock della Covid-19 sarà intenso nella prima parte dell’anno, ma poi la ripresa dovrebbe avvenire velocemente, iniziando nella seconda parte del 2020 e rafforzandosi nel 2021”. È quanto spiega
Alessandro Terzulli, responsabile ricerca e studi di
Sace (società controllata da Cassa Depositi e Prestiti). “L’effetto rimbalzo potrebbe essere più forte del passato, quindi questo shock è diverso da quello del 2015 e preso singolarmente è meno intenso e rappresenta un acceleratore di tendenze già in atto e non innescate dalla pandemia”.