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Coronavirus, Amundi rimane ottimista e vede Pil mondiale al 3% nel 2020

Secondo Pascal Blanqué e Vincent Mortier l’epidemia di coronavirus provocherà uno shock nel breve periodo che però sarà compensato da una ripresa successiva. L’Europa sarà la regione più colpita

di Chiara Merico 2 Marzo 2020 18:00

“L'ulteriore diffusione del coronavirus, soprattutto in Europa, ha innescato nei giorni scorsi un sell-off degli asset rischiosi e un'elevata domanda di beni rifugio (dollaro Usa, Treasury e oro). Mentre i mercati rivalutano le ricadute del virus sull'economia, è probabile che persista la volatilità”, spiega una nota a cura di Pascal Blanqué, group chief investment officer, e di Vincent Mortier, group chief investment officer di Amundi.

STABILIZZAZIONE IN VISTA NEI PROSSIMI MESI


Per i due esperti il coronavirus sta aggiungendo rischio a un trend di crescita del commercio globale già debole, con il timore che da questa crisi possano derivare alcune forze stagflazionarie (maggiore deglobalizzazione/minor crescita). “In questo contesto, il nostro scenario principale è peggiorato, con aspettative di crescita del Pil più basse nel primo semestre. Lo shock potrebbe rivelarsi più forte nel breve periodo, ma restiamo dell'idea che la situazione ad un certo punto nei prossimi mesi si stabilizzerà, portando a un successivo recupero senza uno shock di lunga durata per la crescita potenziale”.

SOSTEGNO DALLE BANCHE CENTRALI


Secondo Blanqué e Mortier un ulteriore sostegno da parte delle banche centrali e dei governi per combattere ogni ulteriore deterioramento delle prospettive economiche rappresenta un presupposto chiave in questo scenario. “Gli Stati Uniti sembrano più isolati e supportati da una domanda interna resiliente, mentre i mercati emergenti e l'Europa dovrebbero essere i più colpiti nel breve periodo”, sottolineano.

RISCHIO REAZIONE ESAGERATA


Sul fronte degli investimenti, “il rischio principale ora è un calo della recente compiacenza del mercato (asset rischiosi ai massimi storici nel mese di febbraio) e la reazione emotiva che potrebbe trasformarsi in una reazione esagerata”, spiegano gli esperti di Amundi. Nel breve periodo la parziale presa di profitto, la riduzione del rischio e l'aumento delle coperture sono azioni giustificate per proteggere i portafogli degli investitori. “Le nostre principali convinzioni al momento risiedono nel settore del credito – come il credito europeo investment grade – e abbiamo inoltre una visione positiva sulla duration dei Treasury per obiettivi di copertura”.

Coronavirus, Amundi tiene posizioni lunghe su asset rifugio


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CAUTELA SULLE AZIONI EUROPEE E STATUNITENSI


Da un punto di vista multi asset, “siamo diventati più cauti sulle azioni (europee e statunitensi) e siamo passati a una posizione neutrale sulle azioni dei mercati emergenti”, aggiungono Blanqué e Mortier. “Al di là di questa visione tattica, crediamo che il coronavirus possa fornire opportunità per mettere in atto convinzioni di investimento che abbiamo individuato nel nostro scenario principale, sfruttando punti di ingresso e dislocazioni di mercato. I titoli ciclici value rispetto ai growth, in particolare nel mercato azionario europeo, le azioni dei mercati emergenti con particolare attenzione ai contesti domestici, le valute dei mercati emergenti, alcune aree del mercato obbligazionario (titoli di Stato ad alto rendimento dei mercati emergenti e dell’Italia) e i mercati del credito (in particolare quelli che stanno subendo un allargamento degli spread nonostante i buoni fondamentali) dovrebbero essere i primi a rimbalzare una volta che i rischi di un’ulteriore diffusione del virus diminuiranno”.

CONCENTRARSI SULLA LIQUIDITÀ


Il mercato del credito è la principale area di opportunità ma anche il principale canale di rischio: per questa ragione, in questa fase del ciclo i due esperti consigliano di concentrarsi sulla selezione. Inoltre, aggiungono, “è fondamentale concentrarsi sulla liquidità, non solo come strategia difensiva. Una volta che la situazione si sarà stabilizzata, la liquidità potrà essere impiegata per rientrare in alcune aree interessanti del mercato”.

DETERIORAMENTO DEL QUADRO GLOBALE


Lo scenario principale di Blanqué e Mortier vede “un deterioramento temporaneo del quadro economico globale durante il primo trimestre di quest'anno, con possibili ricadute nel secondo trimestre, dal momento che una crescita del commercio mondiale più debole del previsto sta influenzando la produzione industriale e l'attività manifatturiera, con un certo impatto sulla domanda interna. Successivamente, dovremmo assistere ad una ripresa nel resto dell'anno. Riteniamo che il rimbalzo ciclico che ci aspettavamo all'inizio dell'anno arriverà con qualche mese di ritardo”.

STIME RIVISTE AL RIBASSO


Per tenere conto degli effetti del coronavirus, i due esperti hanno rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2020. “Il rallentamento in Cina sta innescando misure monetarie e fiscali massicce per evitare ulteriori scossoni nel settore privato. Ciò dovrebbe aiutare a stabilizzare la situazione nel secondo trimestre poiché riteniamo probabile che l'apice del contagio sarà stato raggiunto e che le attività ritorneranno gradualmente alla normalità”, fanno sapere.

EUROPA REGIONE PIÙ COLPITA


Al di fuori dell'Asia, la regione più colpita sarà l'Europa, a causa di una combinazione di diversi fattori quali momentum inferiore, apertura dell'economia, esposizione al commercio globale e dati deboli per il quarto trimestre (con dati di crescita sorprendentemente deboli nei principali paesi dell'Unione Europea). Inoltre, in questo caso, “le attuali previsioni (circa 1% per quest'anno) presentano un certo rischio di ribasso, in funzione dell'evoluzione del contagio nei paesi della Ue, con l'Italia che ad oggi è il paese più colpito. Negli Stati Uniti confermiamo una decelerazione della crescita del Pil rispetto all'anno precedente. Tuttavia, crediamo che l'economia reggerà bene, grazie a una domanda interna resiliente”, osservano Blanqué e Mortier.

PIL GLOBALE AL 3%


Allargando lo sguardo, per i due esperti “la stima della crescita globale è stata ridotta al 3,0% dal 3,2%, soprattutto a causa di dati dei mercati emergenti più deboli (4,1% rispetto al 4,4%), considerando gli effetti di ricaduta in alcuni paesi profondamente legati alla catena di approvvigionamento della Cina (Cambogia, Vietnam, Corea, Thailandia) o fortemente dipendenti dalle esportazioni di metalli (Cile, Perù, Sudafrica)”.
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