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5G a 5 stelle, ritorna la polemica su Huawei. A colpi di tweet

Botta e risposta tra la giornalista Chirico e i vertici di Huawei Italia sul tema del 5G e i presunti conflitti d’interesse dei ministri a Cinque stelle. Ma la questione della sicurezza resta aperta

di Chiara Merico 18 Novembre 2019 12:55

Un tweet della giornalista Annalisa Chirico riaccende la polemica sulle presunte relazioni privilegiate del governo, sponda 5Stelle, con la Cina. Tutto è successo venerdì 15 novembre, quando Chirico ha chiamato in causa il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, accusandoli di conflitto di interessi.

L’ACCUSA VIA TWEET


“L’imprenditore Casaleggio fornisce piattaforma web e incassa denaro dagli eletti 5Stelle. Il ministro Di Maio segue diversi dossier di interesse cinese, incluso il 5G, caro a Huawei. Oggi Casaleggio con chi organizza evento su smart company? Con l’ad Huawei. ‘Conflitto’ come?”, ha twittato la giornalista del Foglio, testata nota per le sue posizioni non certo favorevoli al Movimento 5Stelle.


LA REPLICA DI HUAWEI


Non si è fatta attendere la risposta di Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, che ha replicato: “Il 5G non è caro a Huawei, è importante per il Paese. Huawei è solo una parte del 5G, vale circa 1/3, gli altri 2/3 sono altrettanto impegnati nella competizione e tutti e tre facciamo il tifo per una rapida accelerazione della digitalizzazione che vale 10 miliardi di Pil”.


IL CONVEGNO


A innescare la polemica è stata la presenza al convegno sulle Smart company, organizzato dalla Casaleggio Associati lo scorso 14 novembre, del ceo di Huawei Italia Thomas Miao, che è intervenuto insieme ad altri manager del settore delle tlc, come Fabio Vaccarono di Google Italia, Riccardo Mascolo di Ericsson Italia e Alessandro Magnino di Vodafone Italia.

CASALEGGIO E CINQUESTELLE


La Casaleggio Associati, fondata dal “guru” Gianroberto Casaleggio e guidata ora dal figlio Davide, è legata a doppio filo con il Movimento 5Stelle; la società gestiva infatti il blog di Beppe Grillo e tuttora, a quanto hanno rivelato varie inchieste giornalistiche, controlla la piattaforma Rousseau, lo strumento di democrazia diretta usato dagli iscritti al Movimento per dare il loro parere sulle decisioni politiche. E non è la prima volta che si accendono i riflettori sui presunti rapporti privilegiati dei Cinquestelle con la Cina e in particolare Huawei.

AUDIZIONI AL COPASIR


Lo scorso anno il Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, aveva annunciato l’intenzione di sentire lo stesso Di Maio, allora ministro dello Sviluppo Economico, e l’ex titolare della Difesa Elisabetta Trenta per chiedere chiarimenti sulla presunta posizione preferenziale conquistata da Huawei nella corsa alla fornitura di tecnologie e infrastruttura per il 5G in Italia. Sotto accusa in particolare la concessione all’azienda cinese dell’aula dei gruppi parlamentari alla Camera per un convegno proprio sul 5G, a cui erano presenti anche Di Maio, il presidente della Camera Roberto Fico e il sindaco di Roma Virginia Raggi.

RAPPORTI DI LUNGA DATA


Nell’audizione, avvenuta lo scorso aprile, Di Maio aveva rassicurato sull’intenzione del governo di mettere in campo una strategia efficace per affrontare i rischi legati allo sviluppo delle reti 5G. Ma i rapporti dei 5Stelle con la Cina, a quanto emerge da alcune ricostruzioni, sono di lunga data. Così come vanno avanti da tempo le preoccupazioni per i presunti rapporti di Huawei con le autorità di Pechino, che avevano infatti spinto anche altri Paesi, in testa gli Usa, ad avanzare forti dubbi sull’opportunità di affidare al colosso cinese le infrastrutture per la rete 5G. Un tema su cui ciclicamente, come è successo questa volta, tornano le polemiche.
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