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Banche europee (soprattutto italiane) ancora sotto osservazione

Nel decennio post grande crisi i piani di salvataggio hanno reso i sistemi bancari di Usa e Regno Unito solidi mentre quello della zona euro, secondo Burgess (Columbia Threadneedle Investments), è rimasto fragile

8 Febbraio 2019 10:30

Non sappiamo dove si spingerà il rallentamento dell’economia mondiale ma una cosa è certa: ci addentriamo nelle fasi avanzate del ciclo economico. Questo comporta che il sistema bancario, il motore finanziario che alimenta l’economia reale, potrebbe risultare di intralcio alla crescita economica. Ecco perchè l’attenzione degli addetti ai lavori ricade inevitabilmente sullo stato di salute delle banche. “I governi degli Stati Uniti e del Regno Unito si sono mossi tempestivamente per ripulire i bilanci delle banche. L’Europa, al contrario, ha perso tempo prezioso e pertanto sarà costretta ad affrontare il prossimo rallentamento da una posizione più debole”, è l’opinione di Mark Burgess, vice cio globale e cio Emea di Columbia Threadneedle Investments.

APPROCCI DIVERSI ALLA CRISI


Un posizionamento divergente frutto del diverso approccio adottato dai vari governi per ricapitalizzare le rispettive banche dopo la crisi. Riassumendo si può affermare che la situazione economica e patrimoniale delle banche statunitensi è molto più solida rispetto al 2007 mentre gli istituti inglesi sembrano, in base ai recenti stress test della Bank of England, sufficientemente robusti per sopravvivere a un'uscita disordinata dall'Unione europea.

QUADRO EUROPEO PIUTTOSTO VARIEGATO


In Europa continentale il quadro è molto più variegato. Se le banche spagnole evidenziano un discreto stato di salute, grazie alla decisione del governo di trasferire i titoli problematici a Sareb (la bad bank governativa creata ad hoc per i crediti inesigibili) e ristrutturare il settore, in Germania e in Italia non si può affermare lo stesso.

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BERLINO E ROMA IN POSIZIONE DI SVANTAGGIO


“Il sistema bancario tedesco deve ancora riprendersi del tutto mentre l'Italia non ha affrontato il problema delle sofferenze. Ne consegue che sia Berlino che Roma non risultano in grado di sostenere la crescita”, specifica Mark Burgess. Il riferimento dell’esperto è al fatto che due terzi dell’economia della zona euro sono finanziati dal sistema bancario. Inoltre le piccole e medie imprese italiane, che per circa i due terzi contribuiscono alla creazione della ricchezza nazionale, hanno visto scendere da 10 anni i finanziamenti bancari a loro favore. Anche per questo, per Mark Burgess, l’anello debole è l'Italia in quanto, nel caso in cui ci fosse una recessione, il sistema bancario necessiterà di interventi di ricapitalizzazione che il governo di Roma, appesantito dai debiti e dall’alto deficit di bilancio, non potrebbe avallare.

LA DEBOLEZZA DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO


“Una debolezza del sistema bancario italiano potrebbe potenzialmente innescare una crisi del debito sovrano. Si tratta di un rischio da non sottovalutare alla luce anche del fatto che le norme europee in tema di risoluzione delle banche obbligano attualmente i governi a gravare pesantemente su azionisti e obbligazionisti senior come condizione per qualunque iniziativa di salvataggio finanziata dallo Stato”, puntualizza Mark Burgess. Norme che in Italia peserebbero in modo rovinoso dal momento che circa un terzo del debito bancario senior del paese è detenuto da investitori retail domestici.
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