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Sollievo per i mercati per la bandiera bianca di Powell

Secondo Amundi alla fine la Fed si è dovuta arrendere all’evidenza del rallentamento globale che minaccia anche l’economia Usa e ha messo lo stop ai rialzi dei tassi con effetti benefici sui mercati, in Usa ma non solo.

6 Febbraio 2019 12:44

Alla fine la Fed americana si ‘è arresa’ all’evidenza di un ciclo economico globale in rallentamento, con effetti che potrebbero mettere a rischio anche la ripresa dell’economia a Stelle e Strisce, che d’altra parte sono la conseguenza auto-inflitta della guerra dei dazi dichiarata dal Presidente Donald Trump alla Cina ed anche al resto del mondo. Così la Banca Centrale guidata da Jerome Powell nella prima riunione ufficiale del 2019 ha di fatto rinunciato almeno per il prossimo futuro alla politica di rialzi progressivi dei tassi di interesse iniziata a dicembre del 2015 dall’allora chairman Janet Yellen e proseguita per tutto il 2018 dal suo successore al ritmo di un quarto di punto a trimestre. D’ora in avanti ci potranno essere ulteriori aggiustamenti, ma non più necessariamente rialzi, come indicato sia nel comunicato successivo alla riunione del Fomc di fine gennaio sia nelle parole dello stesso Powell nella conferenza stampa che è seguita. Le prossime mosse sui tassi di interesse saranno basate sull’evoluzione dei dati macro economici alla luce del rallentamento in atto dell’economia globale.

DALLA SVOLTA NUOVA LINFA VITALE AI MERCATI


E’ quanto afferma Giordano Beani, capo di Multi-Asset Fund Solutions di Italy Amundi SGR, nell’editoriale dell’ultima newsletter della grande casa di Investimento non a caso titolato ‘Sul ponte sventola bandiera bianca’. L’esperto osserva che la Fed si è detta disposta anche a riconsiderare il programma prestabilito di riduzione del proprio bilancio, gonfiato di migliaia di miliardi di titoli accumulati negli anni del Quantitative Easing, rivedendo eventualmente in corso d’anno il ritmo di non reinvestimento dei titoli del Tesoro USA in suo possesso man mano che giungono scadenza, secondo il meccanismo noto come Quantitative Tightening che di fatto drena liquidità dal mercato. La svolta nella politica monetaria statunitense, che ha seguìto l’atteggiamento morbido già espresso una settimana prima della FED dalla BCE, “ha fornito ulteriore linfa vitale ai mercati azionari e del credito”, osserva Beani, il che ha consentito di chiudere il mese di gennaio con rialzi diffusi e di entità storica in alcuni casi.

UN’ONDA LUNGA ARRIVATA FINO ALL’EUROPA


L’esperto di Amundi ricorda che il mercato azionario USA ha messo a segno un rialzo di quasi l’8% chiudendo il miglior gennaio dal 1987, aggiungendo solo nell’ultima settimana un guadagno dell’1,6% sull’indice S&P 500 nonostante gli allarmi utili lanciati da Nvidia e Caterpillar. L’onda lunga della svolta di Powell ha traversato l’Atlantico ed è arrivata con effetti moderatamente positivi sui mercati dell’Area Euro facendo salire di un quarto di punto percentuale l’Indice Eurostoxx 50, nonostante il segno negativo registrato dall’Italia. Anche in questo caso, osserva Beani, abbiamo visto issare una ‘bandiera bianca’, ma per segnalare la resa alla recessione tecnica, decretata da due trimestri consecutivi di PIL con il segno meno davanti

UN DOLLARO MENO FORTE PREMIA COMMODITY E PETROLIO


Allargando lo sguardo, Amundi segnala sul fronte dei mercati obbligazionari rendimenti ancora in calo sulla curva USA sia sulle scadenze brevi sia su quelle lunghe, nonostante i positivi dati sulla creazione di oltre 300.000 nuovi posti di lavoro in America a gennaio, quasi il doppio delle attese, e la ripresa dell’Indice ISM manifatturiero a 56,6 da attese di 54,2. Anche in Germania i rendimenti dei titoli di Stato hanno segnato un lieve calo, mentre è tornato ad allargarsi lo spread italiano in seguito ai deludenti dati sulla (de)crescita interna. Il nuovo corso americano ha avuto effetti anche sulle commodity e sul petrolio in particolare, con i prezzi in risalita insieme a quelli dell’oro come riflesso dell’indebolimento del dollaro. Beani vede anche “segnali incoraggianti” sul fronte dei negoziati commerciali che proseguiranno tra USA e Cina fin verso metà febbraio con la possibilità di condurre ad un incontro finale tra i due leader Trump e XI Jinping, auspicabilmente per la firma di un accordo prima della scadenza della tregua di tre mesi dichiarata a fine novembre al G20 di Buenos Aires e prevista per il 2 marzo.

PREOCCUPAZIONE PER LA BANDIERA ROSSA SUL NUCLEARE


L’analisi di Beani si chiude su una nota di preoccupazione per la “bandiera rossa” dopo l’annuncio da parte degli Stati Uniti di voler abbandonare entro sei mesi il trattato INF del 1987, che vieta lo schieramento di missili nucleari a medio e corto raggio in Europa da parte delle due Superpotenze. Gli americani hanno citato presunte violazioni russe al trattato. L’auspicio finale dell’esperto di Amundi e che dalle guerre commerciali non si torni alla guerra fredda, o peggio.
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