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Tassi di interesse negli USA ragionevolmente vicini al picco

Blanquè e Mortier  (AMUNDI): la possibile revisione al ribasso degli utili a causa dei dazi doganali e le pressioni salariali potrebbero rappresentare un cocktail pericoloso in una fase matura del ciclo

14 Novembre 2018 10:00

Più ci avviciniamo a dicembre e più il 2018 sembra lontano anni luce dall’anno precedente. Se il 2017 è stato caratterizzato da un andamento costante della crescita diffusa nelle diverse aree geografiche, inflazione in moderata ripresa ma al di sotto dei target delle banche centrali, prevalenza di politiche monetarie ancora in prevalenza accomodanti e volatilità praticamente inesistente, l’anno in corso è quasi tutto l’opposto. Non solo, con l’inizio dell’autunno sembra di essere entrati in una fase ancora più complessa dell’economia e dei mercati finanziari: si è configurato un incremento diffuso della volatilità, un brusco rialzo del rendimento dei titoli di stato (Treasury) USA che ha portato il tasso ai massimi degli ultimi sette anni, una forte pressione sui mercati azionari.


RALLENTAMENTO SINCRONIZZATO


“Dopo un periodo di previsioni ampiamente divergenti, le quotazioni dei mercati sembrano cominciare ad incorporare un rallentamento sincronizzato della crescita mondiale, sulla scia della convinzione che il picco dell'accelerazione degli utili sembrerebbe essere alle nostre spalle” spiegano Pascal Blanquè Group Chief Investment officer, e Vincent Mortier Deputy Group Chief Investment officer di AMUNDI.


AVVERSIONE AL RISCHIO IN AUMENTO


In questo contesto di diffuso pessimismo circa le prospettive future per i profitti aziendali, l’instabilità sui mercati ha alimentato l’avversione al rischio sulla base anche di altri due elementi di disturbo: il braccio di ferro tra Italia e Ue per la legge di bilancio 2019 del nostro paese, e la debolezza dei mercati emergenti. A pesare su questi ultimi è stato il rialzo dei tassi di interesse negli USA e il conseguente rafforzamento della valuta di Washington che rende più onerosi gli interessi da pagare sugli ingenti debiti in dollari contratti negli ultimi anni da molti paesi in via di sviluppo.


DAZI DOGANALI E PRESSIONI SALARIALI, COCKTAIL PERICOLOSO


Come se non bastasse, le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina invece di rallentare hanno visto una costante progressione. È vero che, almeno finora, le implicazioni sull'economia si sono delineate soltanto in termini di decelerazione della crescita del commercio mondiale e delle economie della zona Euro e della Cina, ma è altrettanto vero che negli Stati Uniti gli stimoli fiscali adottati dall’amministrazione Trump hanno celato l’impatto potenziale sull’economia statunitense. “La possibile revisione al ribasso degli utili a causa dei dazi doganali e le pressioni salariali potrebbero rappresentare un cocktail pericoloso in una fase matura del ciclo” tengono a sottolineare Pascal Blanquè e Vincent Mortier.

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NON È ANCORA UN MERCATO RIBASSISTA


Secondo i due esperti è probabile che il protezionismo potrebbe incidere soprattutto sulle prospettive di crescita e questo, a cascata, potrebbe riportare le banche centrali nel sentiero di politiche monetarie più accomodanti. In ogni caso, puntualizzano Pascal Blanquè e Vincent Mortier, “la configurazione che si sta delineando ha più a che vedere con una correzione che con un ritorno vero e proprio a un mercato ribassista”.


IN ATTESA DI OPPORTUNITA’ IN EUROPA E MERCATI EMEGENTI


Detto questo non è comunque ancora il momento di tuffarsi nelle opportunità di acquisto che pure presto potrebbero emergere sia in Europa che nei mercati emergenti: nel Vecchio Continente ciò potrebbe configurarsi se venisse archiviata la situazione di incertezza che riguarda l’Italia mentre nei paesi in via di sviluppo un dollaro meno forte e tassi statunitensi più stabili potrebbero restituire appeal grazie anche alle valutazioni non eccessive.

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PUNTARE SUI SEGMENTI AZIONARI QUALITY E VALUE


“Abbiamo ridotto il rischio complessivo spostandoci verso i segmenti quality e value più difensivi nel comparto azionario e incrementando la duration (scadenza media dei titoli che stabilisce la sensibilità alle variazioni dei tassi, ndr) in quello obbligazionario, in particolare i Treasury americani perché crediamo che i tassi di interesse negli USA siano ragionevolmente vicini al picco” concludono Pascal Blanquè e Vincent Mortier.
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