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Comprare sui minimi e vendere sui massimi può rivelarsi un errore

Il problema principale nell'attesa di una correzione dei mercati è che vendendo ai nuovi massimi storici, l’investitore si perde i guadagni della maggior parte del rialzo.

12 Ottobre 2018 09:49
financialounge -  azioni Justin Waring mercati strategia di investimento Wall Street

Quante volte è stato sottolineato, anche dalle colonne di questo sito, che uno degli errori più frequenti degli investitori (non soltanto italiani) è quello di seguire le ‘mode’ di mercato. Cioè mettersi in coda a comperare azioni e obbligazioni quando ‘tutti gli altri’ lo fanno e precipitarsi a ‘vendere’ quando la tendenza del mercato è ribassista. Non solo. Spesso i due fenomeni sono conseguenti l’uno (comperare sui massimi) all’altro (vendere sui minimi) il che finisce con l’amplificare le perdite. Ecco spiegato perché spesso ci si sente raccomandare esattamente il contrario e cioè ‘comperare sui minimi e vendere sui massimi’. Un suggerimento che riecheggia anche in questi giorni di correzione dei mercati.

UNA FRASE PERICOLOSA


A parte il fatto che si tratta di un obiettivo quasi impossibile da raggiungere persino per gli investitori più abili, secondo Justin Waring, Investment Strategist Americas di UBS, la frase ‘compra sui minimi e vendi sui massimi’ può risultare la più pericolosa per gli investitori, persino di più dell’altra, altrettanto famosa, ‘questa volta è diverso’, usata per giustificare un investimento che sembrerebbe avere molte controindicazioni storiche e statistiche. Ma torniamo alla riflessione di Justin Waring, secondo il quale cercare di evitare la sensazione di essere investiti in una fase che potrebbe essere ‘non propizia’ può risultare costoso per l’investitore mentre la diversificazione offre già una buona protezione. Certo, se si è disinvestiti o si hanno ingenti somme liquide da investire, posizionarsi sul mercato azionario dopo una correzione è una buona mossa. Ma per chi, invece, fosse investito in Borsa, l’esperto consiglia di lasciare i propri investimenti su Wall Street (sebbene le valutazioni siano tirate e la sua corsa sia la più lunga della storia) senza preoccuparsi della prossima correzione per rientrare.

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IL MERCATO AZIONARIO È PER IL LUNGO TERMINE


“La frase ‘compra basso e vendi alto’ è spesso ripetuta ma raramente è analizzata. Rientra a mio modo di vedere nella categoria delle frasi che io definisco ‘di generale ignoranza’” specifica Justin Waring. Certo, ammette l’esperto, la frase è orecchiabile e suona come di buon senso, ma in realtà si rivela un consiglio fatale nella maggior parte delle situazioni. Prima di tutto, presume un atteggiamento da trader mentre l’approccio corretto per l’investimento nel mercato azionario deve essere a lungo termine. Inoltre sottintende che vi sia quasi una perfetta simmetria tra le fasi di rialzo e quelle di ribasso che, nella realtà, non è affatto verificata.

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LE FASI RIALZISTE PREVALGONO SU QUELLE RIBASSISTE


Dal 1960, i mercati rialzisti (toro) a Wall Street hanno prevalso su quelli ribassisti (orso) e l'indice S&P 500 ha raggiunto durante le fasi rialziste nuovi livelli record circa il 33% delle volte. E, sebbene dopo una correzione il mercato azionario offra un potenziale di guadagno più elevato, il costo dell’attesa (cioè il momento giusto per entrare e per uscire) si rivela costoso e capace di limitare le performance complessive dell’investimento.

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UN ESEMPIO PRATICO DAL 1960 A OGGI


Per dimostrare questa tesi, Justin Waring ha calcolato i rendimenti con tre differenti approcci dal 1960 a oggi. Il primo denominato ‘buy and hold’, ovvero un investimento di 100 dollari nel 1960 mantenuto ininterrottamente fino ad oggi. Il secondo denominato ‘wait -5%’, ovvero investire 100 dollari nel 1960 e, successivamente, vendere non appena l’S&P500 avesse raggiunto un suo nuovo record per poi rientrare dopo un calo del mercato di 5 punti percentuali. Il terzo battezzato ‘wait -10%’, identico al secondo ma con rientro nel’S&P500 dopo una correzione del 10 per cento. Ebbene a partire dal 1960, un investimento di 100 dollari nella strategia n. 2 varrebbe ora 422 dollari mentre nella strategia n. 3 varrebbe 390 dollari. La strategia nr.1 invece avrebbe permesso di accumulare un valore di ben 28.645 dollari, grazie alla capitalizzazione composta del 10% circa dell’indice &SP500 dal 1960 a oggi.

ALTRO MERCATI AZIONARI


Justin Waring non ha sviluppato la sua tesi su altri mercati azionari ma è persuaso che emergerebbero risultati simili. “Il problema principale nell'attesa di una correzione del mercato è che vendendo ai nuovi massimi storici, l’investitore si perde i guadagni della maggior parte del mercato rialzista” conclude Justin Waring.
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