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Ciclo prolungato dagli stimoli fiscali: un punto per le azioni USA

Una migliore dinamica macroeconomica e un prolungamento del ciclo mettono in luce Wall Street rispetto a Europa e Giappone.

17 Aprile 2018 09:38
financialounge -  Amundi azioni Matteo Germano riforma fiscale USA Wall Street

Non c’è tre senza quattro. Non bastavano le preoccupazioni circa un aumento dell’inflazione superiore alle aspettative, una decelerazione della crescita globale e le tensioni per i dazi commerciali. Adesso si è aggiunto anche il pericolo di una escalation di guerra in Siria. Non c’è dubbio che quest’ultimo elemento di turbativa costituisca una ulteriore fonte di preoccupazione per gli investitori, che dopo aver vissuto un 2017 tranquillo e un gennaio baldanzoso, si sono ritrovati a fare i conti con la volatilità e con mercati molto più difficili da decifrare.

TASSI EURO A BREVE IN NEGATIVO


Per esempio, se si osservano i tassi di interesse della zona euro non si può non notare che stazionino ancora sui minimi storici, con i governativi a breve termine (come per esempio i BOT e i CTZ) ancora in territorio negativo. Sul fronte azionario, invece, dopo la correzione dai massimi iniziata a febbraio le valutazioni in Europa sono tornate su livelli meno esagerati: il rapporto prezzo/utili (p/e) dell’indice Stoxx 600 si attesta a 16,3, superiore al 14,1 della media degli ultimi 10 anni, ma ben al di sotto del 18,2 dell’MSCI world delle Borse mondiali e del 20 dell’indice S&p500.

DIVIDEND YIELD EUROPEO AL 3,2%


Inoltre il dividend yield (cioè il rendimento medio delle cedole azionarie) dell’indice Stoxx 600 è al 3,2%, molto al di sopra non soltanto del bund decennale tedesco ma anche del nostro BTP 1.2.2028 (che rende attualmente l’1,8%). Eppure l’azionario Europa non sembra essere la prima scelta per molti investitori. Nemmeno per quelli che ancora prediligono le asset class più rischiose. Matteo Germano, Head of Multi-Asset di Amundi, per esempio, ammette di preferire ancora gli attivi rischiosi, perché sia i fondamentali macroeconomici, sia quelli microeconomici restano positivi.

LA PREFERENZA TORNA A WALL STREET


Tuttavia, alla luce delle tensioni sui dazi commerciali e la potenziale decelerazione della dinamica macroeconomica, il manager ha deciso di aumentare la diversificazione aumentando la preferenza per Wall Street (sia in generale e sia, più in particolare, nel settore energetico USA), a discapito delle azioni europee e giapponesi.
“Attualmente Wall Street beneficia di una migliore dinamica macroeconomica e di un prolungamento del ciclo grazie ai massicci stimoli fiscali varati di recente” spiega Matteo Germano che vede inoltre un altro ostacolo all’azionario europeo e giapponese: l'eccessivo rafforzamento dell'euro e dello yen. Entrando più nel dettaglio, il manager specifica di privilegiare comunque un approccio conservativo di tipo ‘relative value’ sui mercati emergenti (in pratica selezionando opportunamente i paesi ritenuti più sottovalutati, ndr).

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LE SCELTE NEI MERCATI EMERGENTI


“Privilegiamo la Russia, grazie alle prospettive positive del prezzo del petrolio, e l’Hong Kong Stock Exchange Hang Seng China rispetto all’indice complessivo dei mercati emergenti” puntualizza Matteo Germano, che giustifica quest’ultimo posizionamento alla luce dei significativi cambiamenti strutturali della Cina riguardo all'esposizione ai titoli finanziari con valutazioni relativamente poco costose e al fatto che gli investitori mostrano ancora, nel loro insieme, un posizionamento non eccessivo verso questo mercato.

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RISCHI E COPERTURE


Il manager non esclude affatto nuovi picchi di volatilità e, di conseguenza, suggerisce di proteggere il portafoglio tramite efficaci strategie ad hoc. “L’esposizione all’oro, per esempio, potrebbe proteggere dai rischi geopolitici (l’indicatore di rischio ha raggiunto il livello più alto dal 2003). Allo stesso modo le posizioni lunghe (rialziste) sullo yen rispetto al dollaro USA e al dollaro australiano potrebbero proteggere dai rischi di coda” specifica Matteo Germano.
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