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Cina, le riforme di Xi Jinping alla prova del congresso di partito

Il presidente si prepara ad affrontare il secondo mandato con una dirigenza rinnovata: il mondo della finanza spettatore molto interessato.

17 Ottobre 2017 15:32
financialounge -  cina MSCI Emerging Markets Xi Jinping

Il diciannovesimo Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC) è ormai alle porte (comincia il 18 ottobre), ma sotto la lente di ingrandimento di osservatori ed esperti non c’è soltanto la successione al vertice del potere, quanto le riforme politiche, sociali ed economiche, che hanno creato, negli ultimi anni, non pochi dubbi ma anche le prime aperture significative ai mercati globali.

Tra i nodi da sciogliere, soprattutto quello delle riforme del settore finanziario. In particolare, quelle annunciate quattro anni fa, in occasione del terzo plenum del Comitato Centrale del partito, che si aspetta di scoprire se offriranno al mercato realmente un ruolo decisivo, come si augurano da tempo le aziende straniere presenti in Cina, o se disattenderanno le promesse di cambiamento.  Gli obiettivi principali delle riforme sono stati elencati dallo stesso presidente cinese, Xi Jinping  a luglio scorso, per il quale avranno lo scopo di realizzare lo “sviluppo del socialismo con caratteristiche cinesi” (ruolo guida del Partito e dello Stato nell’economia; funzione determinante delle industrie di Stato; apertura al mercato e alle imprese straniere) ed il raggiungimento di una società moderatamente prospera, entro il 2021, e di un’economia avanzata entro il 2049.

Gli investitori globali guardano con grande interesse a questo congresso e, più in generale, alle scelte del governo che finora hanno già portato un primo gruppo di azioni cinesi di categoria A nell’indice MSCI Emergenti. Un numero esiguo di azioni (lo 0,7% del totale dell’indice) ma pur sempre l’unico modo per investire sull’equity cinese senza passare per Hong Kong. La Cina è la seconda maggiore economia al mondo. Tra il 2000 e il 2016, l'Italia si è posizionata al terzo posto tra le destinazioni degli investitori cinesi in Europa. Molte aziende italiane sono oggi in mano cinese: al 2016 sono 168 gli investitori cinesi in Italia, in crescita del 7%. Dunque, ciò che accade in Cina riguarda molto da vicino anche il nostro paese.

La leadership cinese ha capito che una partita decisiva si gioca sul controllo di Internet ed è consapevole che i software e i modelli di comunicazione statunitensi rappresentano formidabili strumenti economici, oltre ad essere capaci di veicolare messaggi in grado di influenzare gli orientamenti politici e culturali dei giovani. Il Paese ora dispone di un terziario avanzato e di infrastrutture moderne ed efficienti. Le banche e la finanza mantengono la missione di sostenere l’economia reale. Tuttavia, i dati positivi dell’economia, che nei primi sei mesi hanno registrato una crescita superiore del 6,9%, avviandosi a superare il risultato dello scorso anno (+6,7%), si scontrano con obiettivi difficili.

Questi riguarderanno sia la seconda parte del 2017 sia, più in generale, il futuro del Paese: la riduzione della sovrapproduzione industriale e i rischi del settore finanziario. Il livello del debito delle aziende ha raggiunto il 175% del PIL.  Rafforzare il settore finanziario per servire meglio l’economia reale resta una sfida. Molto dipenderà dall’equilibrio che la nuova leadership del PCC intenderà creare tra il partito e le forze del mercato, e su questo punto, in un Paese, in cui scindere completamente il ruolo dello Stato da quello del mercato, è più difficile di quanto sembri.

Secondo Richard Turnill, Global Chief Investment Strategist di BlackRock, Xi ha l’occasione per incidere in modo deciso nei prossimi cinque anni di mandato e per “accelerare nelle sue due iniziative chiave” ovvero “la riforma delle aziende di proprietà statale” e l’intervento per diminuire la dipendenza della crescita cinese dal debito. “La crescita economica nel 2017 è stata robusta – ha spiegato Turnill – ma, anche a causa di misure amministrative per tenere sotto controllo il prezzo degli immobili residenziali, prevediamo che nel 2018 la crescita sarà meno lineare”.
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