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Economia intangibile, ecco gli impatti su mercati e banche centrali

Mentre l’economia sta diventando sempre più intangibile una quota crescente dei nostri consumi è composta da servizi piuttosto che da merci tangibili.

20 Luglio 2017 09:53
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Negli ultimi anni, in breve tempo, i processi produttivi si sono dematerializzati e si sono generate più vendite con meno capitale fisico. È la conseguenza del fenomeno in base al quale la nostra economia sta diventando sempre più intangibile mentre una quota crescente dei nostri consumi è composta da servizi piuttosto che da merci tangibili.

Un processo di trasformazione nel quale cresce l’importanza del capitale immateriale, ad esempio i software, la proprietà intellettuale e il capitale organizzativo, a discapito del capitale fisico, come terreni, edifici, macchine e scorte di magazzino.

“La crescente dematerializzazione dell'accumulazione di capitali ha conseguenze di rilievo  sui mercati finanziari e sulla conduzione della politica monetaria: contribuisce a spiegare perché esiste un consistente risparmio di cassa aziendale che contribuisce a mantenere i tassi di interesse ultra-bassi e perché i concetti utilizzati da generazioni di economisti come il gap di produzione e la curva di Phillips stanno diventando sempre più sfumati” sostiene Joachim Fels, Consulente Economico Globale di PIMCO, secondo il quale la banca centrale, più di una gestione basata su modelli in cui questi concetti economici standard svolgono un ruolo cruciale, si sta trasformando nell’arte di governare l'inflazione e le aspettative dell'inflazione senza sapere che cosa li determini esattamente.

Per Joachim Fels, il risparmio aziendale, insieme ad un maggiore desiderio delle famiglie di incrementare il risparmio a fronte della crescente longevità, è il motivo principale per cui il tasso di interesse naturale (o di equilibrio) è molto più basso che nel passato.

“Un aumento continuo del capitale immateriale rispetto al capitale fisico aumenterà ulteriormente il risparmio di cassa aziendale, contribuendo così a proseguire l'attuale contesto a basso tasso di interesse. E bassi rendimenti sulle attività a basso rischio continueranno a spingere gli investitori verso gli asset più rischiosi, un processo che ha già portato a bolle seriali e a crisi finanziarie negli ultimi decenni” puntualizza Joachim Fels.

Le conseguenze per la politica monetaria di un basso tasso di interesse naturale o neutro, alimentate da un risparmio di risparmio, sono, secondo l’economista, ben noti: le banche centrali avranno meno spazio per aumentare i tassi anche nei momenti buoni (economia in tendenziale crescita) e pertanto non avranno molta quantità di munizioni sotto forma di tagli di tasso nei tempi più difficili (in prossimità o nel corso di recessioni).

“Tuttavia, i responsabili delle politiche monetarie hanno trovato modi per attenuare il problema: quantitative easing, controllo delle prospettive e della curva dei rendimenti, sono diventati strumenti quasi standard e i programmi fiscali finanziati dal denaro (‘helicopter money’) potrebbero diventare un ulteriore strumento di scelta nella prossima crisi” conclude Joachim Fels.
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