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Le economie emergenti sono ora meno vulnerabili alle politiche americane

Il costante miglioramento delle aree emergenti conferma che lo sviluppo economico è legato alle catene globali del valore ed è poco influenzato dalle politiche USA.

8 Marzo 2017 09:30
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Analizzando la realtà dei fatti non si può non notare come il mondo sia profondamente interconnesso con le economie emergenti meno vulnerabili di un tempo agli scossoni delle politiche americane. È questa la riflessione che fa Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR, nell’Alpha e il Beta del 6 marzo 2017.

“Nonostante le controindicazioni, il commercio è sempre stato un gioco a somma positiva, dai Fenici fino al WTO sebbene, quello attuale, sia un momento complicato per tutti” puntualizza Carlo Benetti, che ricorda come il volume del commercio globale sia cresciuto dal 2007 meno del 2%: la crescita più debole degli ultimi settant’anni. Si tratta di una evidenza che comporta implicazioni per le economie emergenti che, non per questo, sembrano restare immobili.

Al contrario, emergono segnali di ripresa in Polonia, Repubblica Ceca e in Asia, sulla scia della stabilizzazione dell’economia cinese. “La ripresa economica ha favorito il miglioramento delle bilance dei pagamenti e la diminuzione dei flussi di capitale in uscita - spiega Carlo Benetti - inoltre, le bilance commerciali hanno registrato graduali miglioramenti dal 2013, quando l’imponente fuoriuscita di capitali indebolì le valute compromettendo i livelli di riserve in valuta forte”.

All’inizio dello scorso anno la fuoriuscita dei capitali, che nel frattempo aveva toccato livelli sostenuti, ha cominciato a stabilizzarsi favorendo il riequilibrio delle bilance dei pagamenti. “Nello stesso tempo riprendeva vigore l’attività del credito, sostenuta dalla grande reflazione globale che ha fatto uscire le economie emergenti da cinque anni di crescita anemica. Miglioramento delle bilance dei pagamenti, ripristino delle riserve valutarie e ripresa economica hanno favorito le valute locali” specifica Carlo Benetti.

Una performance positiva che a novembre ha subito uno stop dopo l’elezione di Trump per le aspettative potenzialmente negative che le sue prossime decisioni in tema di de-globalizzazione e di tasse commerciali potrebbero comportare. Ma i dati di PMI (indici di performance del settore manifatturiero) del mese di febbraio mostrano il costante miglioramento delle aree emergenti. In Asia, America Latina, Messico, lo sviluppo economico è legato alle catene globali del valore, dove le fasi del processo produttivo sono spezzettate, non è più necessario mantenere tutto nella stessa area o nello stesso paese.

Un prodotto viene concepito negli Stati Uniti, le sue componenti prodotte in Cina, assemblate in Messico e alla fine riportate negli Stati Uniti.

“Le Global Value Chain costringono a ripensare le statistiche dell’import e dell’export, meglio ragionare in termini di valore aggiunto che ciascun Paese apporta alla produzione del manufatto, in base a know-how e complessità del processo” precisa Carlo Benetti, secondo il quale la svalutazione del peso non pregiudica l’economia messicana che resta una scommessa positiva per molti gestori. Le obbligazioni in valuta locale messicane sono scese de 20% negli ultimi tre mesi, lo spread del decennale messicano in dollari incorpora il rischio di misure protezionistiche negli Stati Uniti ma le misure monetarie e fiscali restrittive attenuano la vulnerabilità del paese.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da GAM
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