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Azionario mercati emergenti, restano intatte le potenzialità di lungo termine

I mercati azionari emergenti sono stati penalizzati subito dopo la vittoria di Donald Trump ma le preoccupazioni sembrano eccessive mentre i fondamentali restano solidi.

27 Gennaio 2017 10:32
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“Riteniamo che i fattori di supporto per investire in titoli azionari dei mercati emergenti nel lungo periodo, e cioè la diversificazione del portafoglio e il potenziale per la generazione di alpha (extra rendimento), restino intatte” dichiara Loredana La Pace, Country Head in Italia di Goldman Sachs Asset Management (GSAM), convinta che l’iniziale risposta del mercato alla vittoria di Donald Trump stia sottostimando le opportunità di diversificazione presenti sui mercati emergenti.

L’inattesa vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi ha fatto infatti emergere tre principali preoccupazioni riguardanti i mercati emergenti: una potenziale politica commerciale protezionistica, tassi di interesse in aumento e un dollaro sempre più forte. Tre fonti di preoccupazioni che, tuttavia, se analizzate correttamente, risultano meno allarmanti di quanto si possa pensare.

Per esempio, per quanto riguarda l’eventualità del protezionismo, l’introduzione di tariffe unilaterali potrebbe avere conseguenze negative di lungo periodo per gli Stati Uniti e potrebbe mettere in discussione quello che è ritenuto il mandato principale del Presidente eletto Trump: migliorare la condizione economica della classe operaia statunitense.

Relativamente invece al rischio derivante da tassi d’interesse in aumento, occorre ricordare che durante l’ultimo ciclo di rialzo dei tassi da parte della Fed tra il 2004 ed il 2006, l’istituto alzò i tassi di 425 punti base (+4,25%) in meno di due anni, ma il tutto coincise con un rafforzamento sia dell’economia statunitense che di quella globale, portando ad un rally sostenuto delle azioni dei mercati emergenti.

Infine, passando ad esaminare l’impatto del dollaro forte, è bene ricordare come, storicamente, siano stati i fondamentali il principale fattore trainante dell’azionario dei mercati emergenti, piuttosto che le valute. Nel corso degli ultimi quindici anni, infatti, i tassi di cambio dei mercati emergenti hanno lievemente detratto performance ai rendimenti totali, nonostante siano stati facilmente compensati dalla crescita degli utili.

“Abbiamo notato un ritorno in positivo del ciclo dei profitti e dei rendimenti negli ultimi sei mesi, e le prospettive per gli utili continuano a supportare un outlook positivo per il 2017. Continuiamo a credere che tali prospettive possano rappresentare il fattore trainante dell’asset class in futuro, compensando un possibile ribasso derivante dall’andamento delle valute” sottolinea Loredana La Pace.

D’altra parte, osservando il forward price-to-earnings ratio, (cioè il rapporto prezzo / utili in base ai profitti attesi nei prossimi 12 mesi) l’azionario emerging markets risulta ancora scontato del 25% rispetto ai mercati sviluppati.

“In termini assoluti, i mercati emergenti pare stiano tornando al proprio livello medio di lungo periodo, nonostante crediamo che questo sia principalmente il risultato di un significativo declino degli utili nel corso degli ultimi anni, che ha gonfiato il multiplo. Per tale motivo, nonostante sia ragionevole assumere che l’asset class non sia al momento scambiata a prezzi estremamente bassi, crediamo che gli investitori di lungo termine siano in grado oggi di accedere al mercato ad un livello interessante derivante da una flessione ciclica degli utili” sostiene Loredana La Pace che, tuttavia, conclude ricordando l’importanza della selettività: “Siamo convinti che un approccio d’investimento attivo, focalizzato sull’attenuazione delle debolezze caratterizzanti i Paesi Emergenti, rappresenti una via efficace per accedere al potenziale di crescita dell’asset class nel lungo termine”.

** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge. Una parte di contenuti e dati gentilmente concessi da Goldman Sachs AM

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