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Investimenti, la coerenza di rispettare il giusto orizzonte temporale

4 Gennaio 2017 09:25
financialounge -  diversificazione investimenti livello di rischio orizzonte temporale

Rispettare il giusto orizzonte temporale degli investimenti in portafoglio evitando scelte emotive consente di ottimizzare le potenzialità dei rendimenti attesi.


Quando si parla di investimenti si fa spesso riferimento ai tre fattori che ne determinano la potenzialità di successo: la diversificazione delle fonti di rendimento, il profilo di rischio complessivo e l’orizzonte temporale.


Riuscire ad ampliare le fonti di rendimento, soprattutto in un contesto come quello attuale, è strategico ma deve essere studiato in funzione dei rischi complessivi del portafoglio e della personale soglia di accettazione delle oscillazioni di valore dell’investimento: variazioni che possono essere rese meno incisive se l’orizzonte temporale dell’investimento è adeguatamente allineato alle asset class sottostanti.


È pertanto di vitale importanza per il risparmiatore, una volta deciso l’obiettivo che intende conseguire e il portafoglio tramite il quale raggiungere tale obiettivo, restare coerente con l’orizzonte temporale. Volendo approssimare si può affermare che un portafoglio prevalentemente obbligazionario dovrebbe avere un orizzonte temporale di almeno due anni, uno bilanciato di tre-quattro anni e uno azionario di almeno sei anni.


Ebbene se ripercorriamo cosa è accaduto negli ultimi sei anni abbiamo un percorso pratico di cosa abbia voluto dire essere coerenti o meno con l’orizzonte temporale d’investimento.


Ipotizziamo di aver investito 10 mila euro il 3 gennaio 2011 in un fondo azionario, 10 mila euro in un fondo bilanciato e 10 mila euro in un fondo obbligazionario. Utilizzando l’indice generale dei fondi di categoria (azionario, bilanciato e obbligazionario) si può constatare che a fine agosto 2011 , i 10 mila euro investiti nel fondo azionario erano scesi a 8.080 euro (-19,2%) e quelli impiegati nel fondo bilanciato a 9.200 euro (-8%). Se, presi dal panico, avessimo venduto tutte le quote avremmo contabilizzato le perdite. Se invece avessimo mantenuto le quote del fondo bilanciato per almeno tre anni, al 3 gennaio 2014 il valore dell’investimento sarebbe ammontato a 11.200 euro (+11,2%) mentre se il disinvestimento fosse stato effettuato al quarto anno (3 gennaio 2014) il capitale sarebbe lievitato a 12.100 euro (+20,1%). Mantenendo invece le quote del fondo azionario fino al 3 gennaio scorso, cioè dopo sei anni, il capitale finale incassato dalla vendita delle quote sarebbe stato di 13.150 euro (+31,5%). E per quanto riguarda il fondo obbligazionario? I 10 mila euro investiti il 3 gennaio 2011 a fine novembre 2011 valevano il 2% in meno (9.800): ma se avessimo mantenuto l’investimento almeno fino al 3 gennaio 2013 (due anni), il capitale incassato dalla vendita delle quote sarebbe ammontato a 10.800 euro (+8%).


Va precisato che quanto accaduto negli ultimi sei anni, benché sia un esempio da manuale, non rappresenta una garanzia per i prossimi sei anni. Tuttavia, è indubbio che restare coerenti con il giusto orizzonte temporale di investimento del proprio portafoglio (grazie anche ai consigli di un consulente di fiducia) evitando scelte dettate dall’emotività consente di massimizzare il rendimento potenziale degli investimenti scelti.

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