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David Lafferty

Dopo meeting Fed, ecco le analisi di economisti e gestori

I gestori di portafoglio hanno analizzato le decisioni annunciate mercoledì dalla Fed concentrandosi sugli impatti sui mercati finanziari e sul dollaro americano.

16 Dicembre 2016 09:25
financialounge -  David Lafferty dollaro Ethenea Federal Reserve GAM Larry Hatheway Natixis Investment Managers PIMCO Richard Clarida Yves Longchamp

Il rialzo dei tassi da parte della Fed deliberato mercoledì non è stato certo una sorpresa mentre lo è stato il fatto che la banca centrale americana abbia dichiarato, di fatto, di essere pronta ad una linea più dura di quella prevista: sembrano infatti possibili ora tre aumenti nel 2017, ognuno dei quali da 25 punti base (+0,25%).

“Le previsioni economiche illustrate dalla Fed sono orientate lievemente al rialzo sia per quel che riguarda il Prodotto Interno Lordo sia per le stime dell’inflazione” puntualizza David Lafferty, chief economist di Natixis Global Asset Management, che però nota anche come le previsioni mostrino un tasso di disoccupazione in calo attorno al 4,5%. Secondo David Lafferty, se la Fed reputa che la crescita acquisirà vigore senza tuttavia incidere in modo significativo sul tasso di disoccupazione, se ne deduce che la pressione sui salari potrebbe salire esercitando, a sua volta, pressioni al rialzo sull’inflazione: un contesto che giustificherebbe una linea meno accomodante da parte della Fed.

“Dal momento che febbraio è troppo vicino, c’è il 35% di probabilità che il prossimo rialzo dei Fed Fund Future possa verificarsi a marzo. Al momento, tre rialzi nel 2017 sembrano appropriati, anche se il consensus del mercato è per due rialzi. A meno che non ci siano sorprese dal lato dell’inflazione, quattro rialzi, o almeno uno per ogni meeting del FOMC (Federal Open Market Committee, l’organismo della Federal Reserve per assumere decisioni sui tassi di interesse americani), sono improbabili considerato che la Fed il più delle volte ha scelto di essere moderata quando ne aveva la possibilità” sostiene David Lafferty.

Richard Clarida, consulente strategico globale di PIMCO, dal canto, suo preferisce sottolineare alcune contraddizioni emerse nell’annuncio della Fed di mercoledì. “In estrema sintesi, è emerso che quattro membri del FOMC sembrerebbero disposti a piazzare almeno una scommessa modesta che la cosiddetta Trumponomics giustificherà tre aumenti dei tassi invece di due nel 2017” commenta Richard Clarida secondo il quale, dal momento che la Fed è sempre stata ‘dati dipendente', questo atteggiamento è almeno un po’ sconcertante, visto che le proiezioni della banca centrale per la crescita del PIL nel 2017 sono state caratterizzate da modesto rialzo del +0,1% (dal 2,0% precedente al 2,1%) e lo stesso per quanto riguarda la previsione di inflazione all’1,9%.

Ma c’è di più, come sottolinea Larry Hatheway, capo economista di GAM. “Lo statement ufficiale della Fed non ha fatto alcun accenno all’espansione fiscale o alla deregolamentazione economica, elementi ampiamente valutati dal mercato dopo la vittoria di Donald Trump. Ne consegue che, qualora questi fattori si materializzassero, la FED potrebbe ulteriormente alzare le stime sulla crescita americana, sull’inflazione e sul probabile cammino dei tassi di interesse”. In tutti i casi, secondo Larry Hatheway, le decisioni annunciate dalla Fed mercoledì rafforzano le dinamiche del mercato in corso dalla metà del 2016 e che, dalle elezioni di Trump in poi, sono andate avanti a un ritmo più veloce.

“I rendimenti obbligazionari sembrano in procinto di rialzarsi, con una probabile ulteriore rotazione dai titoli più sensibili al rendimento verso quelli che tendono a trarre vantaggio da una curva dei rendimenti più ripida, come i finanziari, e da un crescita più robusta, come i titoli ciclici e quelli value” sostiene Larry Hatheway.

Tutta focalizzata sul dollaro, infine, l’analisi di Yves Longchamp, Head of Research di ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG. “L’annuncio dei tre possibili rialzi dei tassi Fed nel 2017 sosterrà il rafforzamento del dollaro che, di conseguenza, non sembra essere troppo forte per l’economia americana, visto che la disoccupazione continua a ridursi e che la Fed ha spazio per aumentare i tassi, ma è troppo forte per il resto del mondo” dice Yves Longchamp, sottolineando come siano già in atto forti deflussi di capitali dai paesi che hanno legato la loro economia al dollaro come, per esempio, Cina e Hong Kong, i cui deflussi di capitali possono rappresentare un rischio per i rispettivi sistemi finanziari.

“Tuttavia è bene guardare a come si muovono complessivamente le banche centrali. Infatti, se la Fed ha alzato i tassi, la scorsa settimana la BCE ha ridotto l’importo del QE a 60 miliardi di euro al mese: questo vuol dire che le banche centrali iniziano a ridurre gli interventi di accomodamento, avviando l’economia mondiale verso una fase di normalizzazione e questa è una buona notizia per il 2017” conclude Yves Longchamp.
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