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Gli ETF sono passivi, ma chi li usa è molto attivo

Gli ETF, i fondi quotati che replicano indici, azioni, commodities, e tutto quello che si scambia sui mercati, sono diventati lo strumento del trading speculativo.

21 Ottobre 2016 08:00
financialounge -  ETF trading

Sono nati in sordina negli anni 90, i primi si chiamavano Spiders, Diamonds e Cubes e tracciavano i tre principali indici di Wall Street: S&P 500, Dow Jones e Nasdaq 100.

Erano stati progettati soprattutto per i money manager, uno strumento flessibile per tenere al lavoro il denaro in attesa di qualche ghiotta occasione. Oggi sono migliaia, replicano praticamente tutto quello che fa un prezzo su qualunque mercato al mondo, con leve anche di due, tre o quattro, gli scambi giornalieri si misurano in migliaia di miliardi di dollari, e sono sempre più lo strumento preferito per chi fa trading speculativo, a cominciare dagli hedge fund.

Ma hanno anche consentito di avvicinare alla portata di tutte le tasche scommesse complicate e costose, come il petrolio, (che prima degli ETF aveva sui futures un ticket d’ingresso di 250.000 dollari), gli stessi indici azionari e commodities come oro e argento.

Oggi vi fanno ricorso i trader iper attivi, secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal (WSJ) che propone l’esempio del ProShares Short VIX Short-Term Futures, un ETF costruito per scommettere contro la volatilità, oppure del VelocityShares 3x Long Crude Oil, un ETN (evoluzione della specie) che consente di scommettere sul petrolio con una leva di tre. I volumi sono mostruosi.

Gli Spiders sono diventati il singolo titolo più scambiato in assoluto del pianeta. Gli ETF non solo sono diventati l’equivalente low cost dei default swap (i contratti derivati che permettono di proteggersi contro l’insolvenza di un emittente obbligazionario) dei cassettisti di tutto il mondo, ma anche uno strumento poco costoso e molto efficiente per i trader più sofisticati.

L’investimento attivo non è affatto morto, è soltanto migrato, spiega sempre al WSJ Ben Johnson, direttore della ricerca globale sugli ETF di Morningstar. Tra i grandi utilizzatori di ETF ci sono infatti hedge fund come Eton Park Capital Management e BlueMountain Capital Management, oppure gestori di grandi patrimoni come Harvard Management, che amministra i 36 miliardi di dollari dell’università che porta lo stesso nome.

Le nuove generazioni di ETF si chiamano smart-beta e factor, che selezionano i basket di azioni che replicano un mercato o una commodity non più sulla base della capitalizzazione, ma di fattori come la volatilità, il cosiddetto momentum o il rendimento dei dividendi. Morningstar ne ha censiti oltre 1.100 con asset per oltre 550 miliardi di dollari, otto volte quelli del 2009.

E insieme alla proliferazione degli ETF emergono nuove figure professionali, come gli ETF strategists, che costruiscono proprio con gli ETF i portafogli della clientele. Alcuni gestiscono direttamente il patrimonio del cliente, altri vendono le strategie a pacchetti ad advisor e consulenti, oppure danno vita direttamente a nuovi ETF e fondi di ETF. Professionisti che costruiscono i portafogli di investimento come si faceva trent’anni fa. Solo che, invece di utilizzare azioni, opzioni, futures, basket e via dicendo, usa ETF.
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