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Carlo Benetti

Mercati emergenti, puntare sulle azioni cicliche con cash flow positivo

24 Maggio 2016 10:16
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La Cina rallenta ma non deraglia e i mercati azionari emergenti sono diventati l’area dove cominciare a investire in modo selettivo sulle azioni cicliche con cash flow positivo. Possono essere riassunte così le conclusioni a cui giunge l’Alpha e iI Beta del 23 maggio a cura di Carlo Benetti, Head of Market Research and Business Innovation di GAM (Italia) SGR.

“Che la Cina stia rallentando è un fatto. Nel primo trimestre la crescita è stata del 4,5%, la più bassa dal 2010. Byron Wien di Blackstone stima che per raggiungere l’obiettivo di crescita annua di 6,7% la Cina dovrebbe procedere al tasso del 7,4% nei prossimi due trimestri, decisamente improbabile. La crescita sarà più vicina al 5% che al 7%, tenendo però conto della maggiore ampiezza e inclusività dell’economia cinese che vale oggi qualcosa come 11,5 trilioni di dollari: nel 2005, quando cresceva ad oltre l’11%, valeva circa 2,3 trilioni” commenta Carlo Benetti che poi svela anche un importante particolare riguardo agli interrogativi che sollevano le minori importazioni cinesi.

“Guardando meglio si nota che il dato relativo alle importazioni in Cina (-10,9% ad aprile rispetto all’anno precedente, ndr) è distorto dai prezzi delle materie prime: le quantità di petrolio, rame e altre materie prime acquistate sono infatti superiori ai mesi precedenti”.

Il business, intanto, va avanti, con i consumi che, nonostante il rallentamento, continuano a crescere, il governo gestisce la transizione strutturale dosando spesa per investimenti e politica monetaria accomodante. Alcuni settori del listino cinese sembrano promettenti e sostenibili nel tempo, ad esempio quello del commercio online, in Cina non ci sono (ancora) reti capillari di negozi e centri commerciali, quello delle consolle per giochi, servizi come assicurazioni, istruzione, viaggi.

La riflessione sul listino cinese si può facilmente estendere alle altre borse emergenti. Colpite nel 2013 dall’annuncio di Ben Bernanke che il Quantitative Easing sarebbe terminato a fronte del miglioramento dell’economia americana, non godono di simpatia oggi che la Fed è nella fase di normalizzazione dei tassi. “Eppure, annota Tim Love di GAM, ci sono sostanziali differenze rispetto al 2013 e alle ingenti perdite sui listini emergenti che fecero seguito alle parole del presidente della Fed. La prima differenza è quasi ovvia, nessuno potrà dire di essere stato colto di sorpresa: l’aumento dei tassi americani è nell’ordine naturale delle cose, si discute del «come» e del «quando», ma non del «se» i tassi cresceranno” constata Carlo Benetti che poi indica un’altra differenza di rilievo rispetto al passato: nove dei dieci maggiori listini emergenti sono classificati investment grade, mentre erano appena due nel 2004 quando cominciò l’ultimo grande ciclo di rialzo dei tassi americani.

“Negli anni sono migliorate le governance aziendali, i bilanci, la qualità delle informazioni agli azionisti e la loro fruibilità. Improbabile la ripetizione dei grandi sell-off (vendita di titoli sul mercato senza limitazione né di prezzo né di quantità) degli anni ’90. Siamo entrati in quella che noi chiamiamo la ‘zona’, il punto in cui cominciare l’acquisto ‘contrarian’ di azioni cicliche con positivo cash flow” specifica Tim Love.
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