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Dollaro USA, il consolidamento è solo momentaneo

26 Ottobre 2015 11:35
financialounge -  Credit Suisse dollaro inflazione Luca Bindelli USA
Venti punti percentuali. A tanto ammonta la rivalutazione del dollaro USA rispetto all’euro dal gennaio 2014 a oggi. Un trend in ascesa che, però, negli ultimi sei mesi sembrerebbe essersi arrestato: da metà aprile a metà ottobre, il biglietto verde ha perso il 6,5% rispetto alla moneta unica europea, e oltre tre punti percentuali dal 10 agosto, vigilia della decisione di Pechino di svalutare il renminbi. Ma, nonostante questa battuta di arresto di un certo rilievo che dura da sei mesi, il consolidamento della moneta USA sembra essere solo momentaneo.

“Ora che la banca centrale USA è diventata più sensibile agli sviluppi globali (timori sulla decelerazione della Cina, e situazione del debito dei paesi emergenti espresso in dollari americani) il biglietto verde potrebbe consolidarsi temporaneamente. Tuttavia, pure così, il trend divergente delle politiche monetarie che supporta la nostra view positiva sul dollaro americano resta per ora intatta, soprattutto contro euro e franco svizzero (CHF)“ puntualizza Luca Bindelli, Head of Foreign Exchange Analysis di Credit Suisse, secondo il quale la decisione della Fed di lasciare invariati i tassi d’interesse a settembre in considerazione dell’aumento dei rischi globali e delle pressioni al ribasso sull’inflazione, fa trasparire una crescente sensibilità della banca centrale USA prima di assumere decisioni su future strette finanziarie. Ne deriva che la rivalutazione del biglietto verde potrebbe ridurre le pressioni inflazionistiche e pesare sull’attività internazionale, inducendo gli investitori a chiedersi se il rafforzamento della divisa USA, che dura da circa 18 mesi, sia destinato a invertire la rotta. Chiaramente, ammette lo stesso Luca Bindelli, il rinvio del rialzo dei tassi USA potrebbe ridurre nel breve termine il sostegno alla forza del dollaro.

“Di conseguenza, consideriamo plausibile un temporaneo consolidamento dell’USD, che dovrebbe contribuire a stabilizzare il sentiment nei confronti delle valute emergenti e dei paesi esportatori di materie prime, soprattutto contro il dollaro” spiega Luca Bindelli. È però vero che la Fed sembrerebbe, almeno secondo quanto dichiarato di recente dalla stessa Janet Yellen, comunque ancora pronta al rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, e quindi il nuovo scenario di base di Credit Suisse prevede un rialzo dei tassi USA in dicembre. Se ciò si concretizzasse, osservando quanto accaduto nei precedenti rialzi della Fed (1994, 1999 e 2004), si può ipotizzare un apprezzamento del dollaro nelle prossime settimane: quella attuale sarebbe quindi una momentanea debolezza del biglietto verde. Inoltre, le posizioni lunghe (rialziste) sul dollaro sono state recentemente chiuse e, la percentuale di probabilità che la Fed rialzi i tassi già a dicembre 2015 sono quotate dal mercato soltanto al 50%.

“Sebbene un consolidamento sia ipotizzabile nel breve termine, non riteniamo che il trend dell’USD possa invertire la rotta. Un rialzo dei tassi da parte della Fed in dicembre aiuterebbe gli USA a rimanere alla guida rispetto ad altre regioni in termini di politica dei tassi” è la considerazione finale di Luca Bindelli.
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