crescita economica
Perchè tutti continuano a confidare in un dollaro forte
1 Settembre 2015 15:03

mercato valutario è stato finora tra i principali protagonisti nei mercati finanziari del 2015. E questo nonostante si possano delineare due storie completamente diverse in termini di tendenze e di volatilità dal primo gennaio all’11 agosto e da quella data (giorno dell’annuncio a sorpresa della svalutazione del renminbi da parte delle autorità monetarie cinesi) a venerdì 28 agosto.
Dal primo dell’anno all’11 agosto, infatti, l’euro, in un contesto di relativa tranquillità dei mercati, si è deprezzato praticamente verso quasi tutte le principali valute estere e di gran parte di quelle emergenti: dal -9,7% rispetto al dollaro USA al -5,9% nei confronti dello yen, dal -9,2% della rilevazione della sterlina al -10,2% del fixing del franco svizzero, dal -2,3% rispetto al dollaro canadese al -9,7% nei confronti del renminbi cinese. Facevano eccezione il real brasiliano (che si era svalutato del 19,7% rispetto all’euro), la lira turca (-8%), la corona svedese (-2,6%) e il dollaro neozelandese (-7,4%). Dall’11 agosto al 28 agosto, in meno di tre settimane, invece, la divisa unica europea ha ritrovato slancio rispetto al dollaro USA (+2,8%), alla sterlina inglese (+3,5%), al renminbi cinese (+5,8%), al dollaro australiano (+6,1%): soltanto lo yen giapponese (+0,4% rispetto all’euro dall’11 agosto ad oggi), e il franco svizzero (+1%) sono riusciti a rafforzarsi nei confronti della divisa unica europea.
Secondo gli esperti valutari, però, le cose nei prossimi mesi potrebbero cambiare ancora. Lo scenario ritenuto più probabile è quello di un rafforzamento del dollaro USA e di un indebolimento (con una maggiore volatilità) delle divise dei paesi emergenti.
Ecco il loro ragionamento. I recenti dati economici USA, tra i quali l’andamento positivo dei beni durevoli, rappresentano risultati solidi e, inoltre, suggeriscono che la spesa per investimenti USA sia in ripresa. Le disponibilità liquide del consumatore americano sono aumentate grazie al calo del costo dell’energia e al migliorato tasso di risparmio delle famiglie: molto sostenute pure le posizioni di liquidità aziendali. Insomma, secondo questi esperti, l’economia americana sembra sul punto di chiudere il suo gap suggerendo che la Fed farebbe bene ad agire entro la fine dell'anno nel riavviare il rialzo dei tasso di interesse. Se è così, l’attuale tregua osservata sui mercati valutari riguardo alle valute dei paesi emergenti, è temporanea.
Non appena la Fed annuncerà il rialzo (o aumenteranno le aspettative del mercato in questo senso) le valute dei paesi in via di sviluppo e le materie prime evidenzieranno di nuovo tutta la loro vulnerabilità: il rischio maggiore è quello di vedere forti disinvestimenti dalle monete dei paesi caratterizzati dal "doppio deficit" (commerciale e di bilancio) come la lira turca (TRY), il rand sudafricano (ZAR), il real brasiliano (BRL) e la rupia indonesiana (IDR). Per quanto riguarda la sterlina, dovrebbe soffrire a causa dei rischi di Brexit che potrebbero diventare il pretesto per una vendita della valuta britannica. Lo yen, invece, dovrebbe rafforzarsi rispetto all’euro in quanto la Bank of Japan è partita prima nel proprio Qe e gli effetti sulla valuta nipponica sembrerebbero già inclusi nelle attuali quotazioni.
Dal primo dell’anno all’11 agosto, infatti, l’euro, in un contesto di relativa tranquillità dei mercati, si è deprezzato praticamente verso quasi tutte le principali valute estere e di gran parte di quelle emergenti: dal -9,7% rispetto al dollaro USA al -5,9% nei confronti dello yen, dal -9,2% della rilevazione della sterlina al -10,2% del fixing del franco svizzero, dal -2,3% rispetto al dollaro canadese al -9,7% nei confronti del renminbi cinese. Facevano eccezione il real brasiliano (che si era svalutato del 19,7% rispetto all’euro), la lira turca (-8%), la corona svedese (-2,6%) e il dollaro neozelandese (-7,4%). Dall’11 agosto al 28 agosto, in meno di tre settimane, invece, la divisa unica europea ha ritrovato slancio rispetto al dollaro USA (+2,8%), alla sterlina inglese (+3,5%), al renminbi cinese (+5,8%), al dollaro australiano (+6,1%): soltanto lo yen giapponese (+0,4% rispetto all’euro dall’11 agosto ad oggi), e il franco svizzero (+1%) sono riusciti a rafforzarsi nei confronti della divisa unica europea.
Secondo gli esperti valutari, però, le cose nei prossimi mesi potrebbero cambiare ancora. Lo scenario ritenuto più probabile è quello di un rafforzamento del dollaro USA e di un indebolimento (con una maggiore volatilità) delle divise dei paesi emergenti.
Ecco il loro ragionamento. I recenti dati economici USA, tra i quali l’andamento positivo dei beni durevoli, rappresentano risultati solidi e, inoltre, suggeriscono che la spesa per investimenti USA sia in ripresa. Le disponibilità liquide del consumatore americano sono aumentate grazie al calo del costo dell’energia e al migliorato tasso di risparmio delle famiglie: molto sostenute pure le posizioni di liquidità aziendali. Insomma, secondo questi esperti, l’economia americana sembra sul punto di chiudere il suo gap suggerendo che la Fed farebbe bene ad agire entro la fine dell'anno nel riavviare il rialzo dei tasso di interesse. Se è così, l’attuale tregua osservata sui mercati valutari riguardo alle valute dei paesi emergenti, è temporanea.
Non appena la Fed annuncerà il rialzo (o aumenteranno le aspettative del mercato in questo senso) le valute dei paesi in via di sviluppo e le materie prime evidenzieranno di nuovo tutta la loro vulnerabilità: il rischio maggiore è quello di vedere forti disinvestimenti dalle monete dei paesi caratterizzati dal "doppio deficit" (commerciale e di bilancio) come la lira turca (TRY), il rand sudafricano (ZAR), il real brasiliano (BRL) e la rupia indonesiana (IDR). Per quanto riguarda la sterlina, dovrebbe soffrire a causa dei rischi di Brexit che potrebbero diventare il pretesto per una vendita della valuta britannica. Lo yen, invece, dovrebbe rafforzarsi rispetto all’euro in quanto la Bank of Japan è partita prima nel proprio Qe e gli effetti sulla valuta nipponica sembrerebbero già inclusi nelle attuali quotazioni.
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