infrastrutture

Infrastrutture, nel mirino di un terzo degli investitori professionali

13 Luglio 2015 10:24

financialounge -  infrastrutture liquidità orizzonte temporale
e ad immaginare. Da un lato i responsabili di gestioni di portafoglio alla disperata ricerca di rendimento con un rischio non eccessivo per garantire l’erogazione delle rendite future. Dall’altro investimenti a lungo termine che sono in grado di assicurare cedole generose per molti anni e, magari, anche una rivalutazione del capitale investito. Si intuisce che il matrimonio dei primi con i secondi non è solo conveniente ma quasi inevitabile.

I primi, per la precisione, sono i fondi pensione e quelli assicurativi (e, in certi casi, anche le fondazioni e i fondi sovrani), ovvero la platea degli investitori istituzionali e professionali mentre i secondi sono gli strumenti di investimento, sia di tipo azionario che a indirizzo obbligazionario, nelle infrastrutture: ponti, aeroporti, piattaforme energetiche, tralicci per la distribuzione della corrente, tubature per il trasporto del gas e del petrolio, cavalcavia ecc.

Non stupisce affatto, pertanto, che un recente sondaggio, a cura di un importante asset manager internazionale, riveli che il 33% degli investitori professionali e il 35% degli intermediari in Europa stia pianificando un incremento degli investimenti in questo settore. Un ampliamento che dovrebbe quindi contribuire ad incrementare il peso degli investimenti in infrastrutture che già oggi si attesta tra il 20% e il 21% nei portafogli degli investitori istituzionali e intermediari in tutta Europa.

Quali invece le maggiori criticità indiciate nell’investimento a questa tipologia di asset class?
Innanzitutto l’illiquidità e le dimensioni degli investimenti richiesti che vengono considerati una barriera piuttosto importante all’accesso in questi strumenti. L’illiquidità, cioè il fatto che si tratti spesso di fondi chiusi non quotati o di prodotti non tradizionali studiati per il lungo termine (pagamento di cedole periodiche con rimborso del capitale dopo almeno 10 anni), rappresenta un ostacolo alla diffusione degli strumenti d’investimento nelle infrastrutture anche per i portafogli retail: spesso, infatti, le famiglie sono abituate a investire con un orizzonte temporale di uno o, al massimo, tre anni, perdendo quindi di vista le potenzialità offerte da impieghi a medio lungo termine.

Trending