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Petrolio, investitori disattenti alle ricadute positive
10 Luglio 2015 14:44

ultimi 12 mesi il prezzo del petrolio si è praticamente dimezzato. Basti pensare che il 20 giugno 2014 il Brent quotava a 115 dollari il barile mentre attualmente oscilla intorno ai 60 dollari dopo aver peraltro toccato nei primi mesi di quest’anno valori vicino ai 45 dollari. La forte contrazione dei prezzi del greggio si è fatta sentire in Borsa sui titoli del settore energia: dal 30 giugno 2014 al 31 dicembre 2014, mentre l’indice MSCI world index in euro ha registrato un rialzo del +10,96%, l’MSCI world Energy index ha perso il 13,23%.
Le compagnie petrolifere, dal canto loro, hanno accusato riduzioni vistose dei profitti sia nel quarto trimestre del 2014 che anche nel primo trimestre di quest’anno. Sebbene soltanto il 10%-15% circa delle società statunitensi abbia dichiarato un impatto negativo, le implicazioni ci sono state e, in alcuni casi, anche di rilievo: nel settore energetico, in particolare, i profitti del primo trimestre hanno accusato un drastico calo del 57%.
Tuttavia, allargando l’orizzonte di osservazione a tutti i settori del mercato, l’impatto positivo si è rivelato più significativo: sono molte, infatti, le aziende che hanno potuto beneficiare di una sensibile riduzione dei costi produttivi, con una ricaduta positiva sui margini operativi e sui profitti pur in un contesto di domanda anemica. Resta il fatto che l’attenzione degli investitori si è concentrata con maggiore interesse sui dati deludenti: in particolare, negli Stati Uniti le vendite al dettaglio registrano un andamento fiacco dall’inizio dell’anno e molti produttori di abbigliamento hanno pubblicato risultati trimestrali inferiori alle attese. Risultati che sorprendono, considerando le aspettative di un incremento delle vendite al dettaglio per effetto dei maggiori consumi resi possibili dai risparmi sul costo dei carburanti.
L'inverno particolarmente rigido ne è in parte responsabile, e in effetti il buon andamento degli utili di alcuni esercizi di consumo (in particolare bar e ristoranti) conferma l’ipotesi che i consumatori statunitensi abbiano utilizzato i risparmi mensili sulla benzina per acquistare prodotti di prima necessità e poco costosi. Una parte del denaro risparmiato è stata accantonata: in febbraio il tasso di risparmio è balzato al 5,7%, segnando il massimo da più di due anni. Il successivo calo del tasso di risparmio al 5,3%, unito al miglioramento della fiducia dei consumatori, potrebbe invece segnalare un incremento dei consumi nei prossimi mesi. Il recente rialzo del 35% dei prezzi del petrolio rende le prospettive un po’ meno rosee; tuttavia, pur reputando che le quotazioni petrolifere abbiano probabilmente superato il punto di minimo, è difficile che i prezzi possano superare stabilmente la soglia dei 60 dollari al barile, dato il perdurante eccesso di offerta.
Alla luce di questo scenario di riferimento, le strategie di investimento nei mercati azionari e del credito di alcuni asset manager sono focalizzate su società in grado di resistere bene in uno scenario in cui i prezzi si attestino attorno agli attuali livelli per un periodo prolungato. Hanno optato per il mantenimento di un’esposizione limitata al settore energetico preferendo le società di alta qualità: il convincimento è che l’industria dell’esplorazione e della produzione, dove sono state rafforzate le posizioni su selezionati emittenti high yield, sia più interessante dei servizi petroliferi. Nel settore del private equity e degli hedge fund, si intravedono invece opportunità di merger arbitrage ed event equity (ovvero su operazioni di finanza straordinaria) legate al processo di consolidamento del settore.
Le compagnie petrolifere, dal canto loro, hanno accusato riduzioni vistose dei profitti sia nel quarto trimestre del 2014 che anche nel primo trimestre di quest’anno. Sebbene soltanto il 10%-15% circa delle società statunitensi abbia dichiarato un impatto negativo, le implicazioni ci sono state e, in alcuni casi, anche di rilievo: nel settore energetico, in particolare, i profitti del primo trimestre hanno accusato un drastico calo del 57%.
Tuttavia, allargando l’orizzonte di osservazione a tutti i settori del mercato, l’impatto positivo si è rivelato più significativo: sono molte, infatti, le aziende che hanno potuto beneficiare di una sensibile riduzione dei costi produttivi, con una ricaduta positiva sui margini operativi e sui profitti pur in un contesto di domanda anemica. Resta il fatto che l’attenzione degli investitori si è concentrata con maggiore interesse sui dati deludenti: in particolare, negli Stati Uniti le vendite al dettaglio registrano un andamento fiacco dall’inizio dell’anno e molti produttori di abbigliamento hanno pubblicato risultati trimestrali inferiori alle attese. Risultati che sorprendono, considerando le aspettative di un incremento delle vendite al dettaglio per effetto dei maggiori consumi resi possibili dai risparmi sul costo dei carburanti.
L'inverno particolarmente rigido ne è in parte responsabile, e in effetti il buon andamento degli utili di alcuni esercizi di consumo (in particolare bar e ristoranti) conferma l’ipotesi che i consumatori statunitensi abbiano utilizzato i risparmi mensili sulla benzina per acquistare prodotti di prima necessità e poco costosi. Una parte del denaro risparmiato è stata accantonata: in febbraio il tasso di risparmio è balzato al 5,7%, segnando il massimo da più di due anni. Il successivo calo del tasso di risparmio al 5,3%, unito al miglioramento della fiducia dei consumatori, potrebbe invece segnalare un incremento dei consumi nei prossimi mesi. Il recente rialzo del 35% dei prezzi del petrolio rende le prospettive un po’ meno rosee; tuttavia, pur reputando che le quotazioni petrolifere abbiano probabilmente superato il punto di minimo, è difficile che i prezzi possano superare stabilmente la soglia dei 60 dollari al barile, dato il perdurante eccesso di offerta.
Alla luce di questo scenario di riferimento, le strategie di investimento nei mercati azionari e del credito di alcuni asset manager sono focalizzate su società in grado di resistere bene in uno scenario in cui i prezzi si attestino attorno agli attuali livelli per un periodo prolungato. Hanno optato per il mantenimento di un’esposizione limitata al settore energetico preferendo le società di alta qualità: il convincimento è che l’industria dell’esplorazione e della produzione, dove sono state rafforzate le posizioni su selezionati emittenti high yield, sia più interessante dei servizi petroliferi. Nel settore del private equity e degli hedge fund, si intravedono invece opportunità di merger arbitrage ed event equity (ovvero su operazioni di finanza straordinaria) legate al processo di consolidamento del settore.
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