deflazione
Deflazione, gli impatti dell’invecchiamento della popolazione
5 Maggio 2015 09:55
sogna contare sugli interventi delle banche centrali per debellare la deflazione. È indispensabile invece puntare con decisione sulle riforme strutturali che abbiano l’obiettivo di incrementare la produttività e di ampliare la forza lavoro. Sono queste le conclusioni a cui è giuntoYves Longchamp, Head of Research di ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, in un’analisi condotta sulla relazione esistente tra l’invecchiamento della popolazione e la deflazione.
“In diversi paesi dell’OCSE due tendenze stanno modificando la nostra struttura demografica con il passaggio verso un invecchiamento della popolazione: innanzitutto, si vive più a lungo e, in secondo luogo, i tassi di fertilità scendono. La combinazione di questi due trend indica non solo un calo della popolazione in età lavorativa, ma anche che quest’ultima diminuisce rispetto al numero di pensionati. Pertanto, non invecchiano solo i singoli, ma intere società” è la prima constatazione di Yves Longchamp per il quale questa dinamica ha conseguenze dirette sulla nostra situazione finanziaria personale, poiché ci suggerisce di iniziare a risparmiare presto in vista della pensione.
Nel complesso, infatti, la popolazione in età lavorativa deve risparmiare una quota maggiore del proprio reddito da lavoro per la pensione, disponendo quindi di meno denaro per i consumi attuali. Con un numero maggiore di anziani a carico dei sistemi di welfare, le imposte saranno più elevate, con un’ulteriore riduzione dei consumi attuali. L’aspettativa di vita in una società che invecchia modifica il modo in cui il reddito viene speso e risparmiato nelle diverse fasi della vita.
Si tratta del cosiddetto modello di consumo durante il ciclo di vita, che prevede tre canali principali attraverso i quali l’invecchiamento influisce sul livello dei prezzi: (i) la riduzione della domanda aggregata;(ii) la flessione dei prezzi dei beni, incluso un effetto ricchezza negativo; (iii) adeguamenti dei consumi, che modificheranno i prezzi di questi ultimi.
Esiste una correlazione positiva tra l’inflazione e la crescita della popolazione in un campione di economie sviluppate ed emergenti. Emerge infatti una correlazione positiva con la popolazione in età lavorativa, mentre la variazione della quota della popolazione di età superiore a 65 anni ha una correlazione negativa con l’inflazione. Queste correlazioni dimostrano che le dinamiche demografiche delle economie sviluppate non solo hanno aiutato le banche centrali a mantenere bassa l’inflazione, ma possono anche minarne gli sforzi per mantenerla sopra lo zero nel lungo periodo.
“Le dinamiche demografiche in atto in Europa, in Giappone e in Cina hanno effetti deflazionistici. Nell’Europa occidentale si prevede che la popolazione in età lavorativa diminuirà dell’11 % entro il 2050, a fronte del ristagno della popolazione complessiva. In Germania, dove la popolazione in età lavorativa ha registrato un picco nel 2003, il calo stimato delle persone di età compresa tra i 14 e i 65 anni si attesta al 22 % nel medesimo periodo, in linea con una flessione della popolazione totale di circa il 9 %. Il paese in cui l’invecchiamento è in uno stadio più avanzato è il Giappone: dal 1990 a oggi la popolazione attiva nipponica è diminuita del 9 % ed entro il 2050 scenderà ancora di un terzo” rivela Yves Longchamp che, pur ricordando come vi siano ancora diverse regioni con popolazioni giovani e in crescita (come l’India e l’Africa), concorda nel fatto che, al momento, la ricchezza sotto forma di attività finanziarie e di investimenti resti concentrata in società senescenti e con forze lavoro in diminuzione. Ne consegue che le tendenze demografiche non depongono a favore del raggiungimento degli obiettivi d’inflazione delle banche centrali.
“In questa prospettiva, non dobbiamo sperare tanto negli interventi delle banche centrali, quanto in riforme strutturali volte a incrementare la produttività (istruzione, infrastrutture informatiche, R&S) e a far aumentare la forza lavoro (partecipazione femminile alla forza lavoro, immigrazione, politiche familiari) e forse in autorità politiche più creative, desiderose e in grado di affrontare il problema alla radice. Ad esempio, Singapore offre bonus fino a 3.250 dollari per ciascuno dei primi due figli, che aumentano fino a quasi 5.000 dollari per il terzo e il quarto figlio” conclude Yves Longchamp.
“In diversi paesi dell’OCSE due tendenze stanno modificando la nostra struttura demografica con il passaggio verso un invecchiamento della popolazione: innanzitutto, si vive più a lungo e, in secondo luogo, i tassi di fertilità scendono. La combinazione di questi due trend indica non solo un calo della popolazione in età lavorativa, ma anche che quest’ultima diminuisce rispetto al numero di pensionati. Pertanto, non invecchiano solo i singoli, ma intere società” è la prima constatazione di Yves Longchamp per il quale questa dinamica ha conseguenze dirette sulla nostra situazione finanziaria personale, poiché ci suggerisce di iniziare a risparmiare presto in vista della pensione.
Nel complesso, infatti, la popolazione in età lavorativa deve risparmiare una quota maggiore del proprio reddito da lavoro per la pensione, disponendo quindi di meno denaro per i consumi attuali. Con un numero maggiore di anziani a carico dei sistemi di welfare, le imposte saranno più elevate, con un’ulteriore riduzione dei consumi attuali. L’aspettativa di vita in una società che invecchia modifica il modo in cui il reddito viene speso e risparmiato nelle diverse fasi della vita.
Si tratta del cosiddetto modello di consumo durante il ciclo di vita, che prevede tre canali principali attraverso i quali l’invecchiamento influisce sul livello dei prezzi: (i) la riduzione della domanda aggregata;(ii) la flessione dei prezzi dei beni, incluso un effetto ricchezza negativo; (iii) adeguamenti dei consumi, che modificheranno i prezzi di questi ultimi.
Esiste una correlazione positiva tra l’inflazione e la crescita della popolazione in un campione di economie sviluppate ed emergenti. Emerge infatti una correlazione positiva con la popolazione in età lavorativa, mentre la variazione della quota della popolazione di età superiore a 65 anni ha una correlazione negativa con l’inflazione. Queste correlazioni dimostrano che le dinamiche demografiche delle economie sviluppate non solo hanno aiutato le banche centrali a mantenere bassa l’inflazione, ma possono anche minarne gli sforzi per mantenerla sopra lo zero nel lungo periodo.
“Le dinamiche demografiche in atto in Europa, in Giappone e in Cina hanno effetti deflazionistici. Nell’Europa occidentale si prevede che la popolazione in età lavorativa diminuirà dell’11 % entro il 2050, a fronte del ristagno della popolazione complessiva. In Germania, dove la popolazione in età lavorativa ha registrato un picco nel 2003, il calo stimato delle persone di età compresa tra i 14 e i 65 anni si attesta al 22 % nel medesimo periodo, in linea con una flessione della popolazione totale di circa il 9 %. Il paese in cui l’invecchiamento è in uno stadio più avanzato è il Giappone: dal 1990 a oggi la popolazione attiva nipponica è diminuita del 9 % ed entro il 2050 scenderà ancora di un terzo” rivela Yves Longchamp che, pur ricordando come vi siano ancora diverse regioni con popolazioni giovani e in crescita (come l’India e l’Africa), concorda nel fatto che, al momento, la ricchezza sotto forma di attività finanziarie e di investimenti resti concentrata in società senescenti e con forze lavoro in diminuzione. Ne consegue che le tendenze demografiche non depongono a favore del raggiungimento degli obiettivi d’inflazione delle banche centrali.
“In questa prospettiva, non dobbiamo sperare tanto negli interventi delle banche centrali, quanto in riforme strutturali volte a incrementare la produttività (istruzione, infrastrutture informatiche, R&S) e a far aumentare la forza lavoro (partecipazione femminile alla forza lavoro, immigrazione, politiche familiari) e forse in autorità politiche più creative, desiderose e in grado di affrontare il problema alla radice. Ad esempio, Singapore offre bonus fino a 3.250 dollari per ciascuno dei primi due figli, che aumentano fino a quasi 5.000 dollari per il terzo e il quarto figlio” conclude Yves Longchamp.