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Idee di investimento - Obbligazioni - 13 aprile 2015

13 Aprile 2015 09:45
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“Anche in assenza di un innalzamento dei tassi, la politica monetaria della banca centrale statunitense è contrastante rispetto ai mercati monetari del resto del mondo, dove ben 20 banche centrali dall’inizio dell’anno hanno intrapreso misure di allentamento monetario. Se in tale contesto la Fed aumenterà i tassi, la conseguenza sarà un ulteriore rafforzamento del dollaro. Nonostante le perplessità espresse in alcuni ambienti negli USA riguardo al rafforzamento del biglietto verde, riteniamo che il primo innalzamento dei tassi sarà attuato nel secondo semestre dell’anno corrente” afferma Yves Longchamp, Head of Research ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG nell’articolo “Possibile un ulteriore rafforzamento del dollaro” mentre per Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset Management, le obbligazioni non sono da vendere ma il dollaro non è più da comprare.

Per quanto riguarda le divise alternative all'Euro lo strategist preferisce essere long (rialzista) di yen (JPY) e dollari australiani (AUD). “L'oro continua ad essere esposto alle alterne aspettative legate alle decisioni della Fed, ma se la mia analisi macroeconomica si conferma corretta, potrebbe essere l'unica asset class da comprare in ottica strategica per scenari d'incertezza futura molto probabili” rivela Maurizio Novelli nell’articolo “Il dilemma che imprigiona la Federal Reserve”.

D’altra parte, Larry Fink, Chairman and Chief Executive Officer di BlackRock, il più grande asset manager al mondo in virtù dei 4.700 miliardi di dollari in gestione, nell’articolo “Perché il dollaro forte minaccia imprese e crescita USA” spiega perché il forte aumento del biglietto verde rischia di minare la fiducia delle imprese negli Stati Uniti e di spingere l'economia del paese verso una fase di rallentamento. "Mentre l'economia statunitense, nel suo complesso, non è eccessivamente esposta alle esportazioni, molte delle nostre aziende più grandi e più influenti lo sono" ha sottolineato Larry Fink che ha poi aggiunto: "Siamo convinti che questo porterà ad una erosione della fiducia da parte dei CEO al punto da rallentare sia le decisioni di investimento e sia la futura crescita negli Stati Uniti".

Ma che impatto potranno avere le prossime mosse della Fed su tassi USA a medio e lungo termine? Secondo alcuni analisti e gestori, potrebbe subire delle modifiche verso l’alto in concomitanza delle attese manovre sui tassi da parte della Fed. Altri asset manager, invece, ritengono che, in ogni caso, possa prevalere un limite al potenziale rialzo. “Secondo le nostre analisi ci sono vari elementi che ci portano a ritenere che il rendimento dei titoli di stato USA decennali sia destinato a rimanere basso nei prossimi mesi, attestandosi intorno al 2,5%, seppure in un contesto in cui l'economia USA sta raggiungendo la fatidica «velocità di fuga». Infatti, per capire perché secondo noi i rendimenti dei titoli di Stato americani sono destinati e rimanere bassi, nonostante l’economia statunitense stia crescendo a un ritmo sostenuto, i tradizionali metodi di valutazione delle dinamiche dei tassi, essenzialmente basati su fondamentali macroeconomici, potrebbero rivelarsi inefficaci” dichiara Monica Defend, Global Strategist di Pioneer Investments nell’articolo “Treasury USA, perché i tassi rimarranno sui minimi”.

È inoltre probabile che, come spiega Andrew Harmstone, Managing Director Portfolio Manager Global Balanced Risk Controlled (GBaR) Strategy di Morgan Stanley Investment Management nell’articolo “Tassi Fed, il pericolo di un aumento delle bolle speculative”, in corrispondenza di ogni rialzo dei tassi da parte della Fed (benché di modesta entità e graduato nel tempo), si manifestino sui mercati picchi di volatilità. In parallelo, invece, tenderanno a crescere sia i pericoli derivanti da un’esposizione eccessiva alle asset class più rischiose e sia le bolle speculative alimentate da tassi obbligazionari tendenti allo zero.

In tutti i casi, con l’avvio del QE nell’Eurozona i rendimenti dei titoli obbligazionari governativi europei rimarranno con ogni probabilità a livelli estremamente bassi, incoraggiando la ricerca di rendimento che sarà principalmente focalizzata sugli strumenti a reddito fisso dei mercati emergenti e sul segmento high yield. “Dall’ultima estate, gli spread degli high yield si sono ampliati sia in USA che in Regno Unito. In media le emissioni in sterline inglesi con rating B rendono attualmente il 7,3%, a fronte del 5,3% dello scorso giugno, derivante dal fatto che il mercato è preoccupato del rischio di ristrutturazioni e default. Tuttavia il mercato è stato incline a sovracompensare gli investitori per quanto riguardai rischi di default rispetto a ciò che poi è realmente accaduto” fa sapere Regina Borromeo, portfolio manager del fondo Legg Mason Brandywine Global Income Optimiser nell’articolo “High yield, rendimenti ancora interessanti con tassi di default stabili” convinta, inoltre, che i tassi di default (fallimento) dovrebbero rimanere stabili.

Anche Sylvie Golay Markovich, Head Fixed Income Analysis di Credit Suisse sul fronte del credito, preferisce ancora le obbligazioni ad alto rendimento. “Dopo la correzione di marzo, intravediamo un’interessante opportunità d’ingresso, e anche la ripresa economica in corso negli USA è favorevole. Nel contempo, la rinnovata debolezza del prezzo del petrolio e l’imminente stretta monetaria della Fed rappresentano un rischio per le obbligazioni USA societarie ad alto rendimento e le obbligazioni emergenti in valute forti” commenta Sylvie Golay Markovich nell’articolo “Obbligazioni, high yield ed emerging le prime scelte”.
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