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Diversified Alpha Plus Fund

Diversified Alpha Plus Fund - 15 marzo 2015

24 Marzo 2015 08:00
financialounge -  Diversified Alpha Plus Fund
Nelle prime due settimane di marzo il dollaro Usa ponderato per gli scambi ha guadagnato un altro 3,1%, portando l’apprezzamento da metà 2014 a oltre il 16%. Rispetto ai minimi del 2011 il biglietto verde è salito oltre il 37% – una fluttuazione considerevole anche rispetto alle fasi ascendenti dei primi anni ’80 e di fine anni ’90, quando avanzò del 59% e del 40% rispettivamente. Il ritmo dovrebbe attenuarsi, data la rapidità dei rialzi e l'eccezionale posizionamento lungo del mercato, ma gli effetti di tale avanzamento devono ancora essere avvertiti.

Come accaduto nelle precedenti fasi rialziste del dollaro Usa, le materie prime hanno continuato a sottoperformare nelle ultime due settimane, e l’S&P GSCI ha lasciato sul terreno il 7,6%. Anche i mercati emergenti hanno mostrato debolezza: le azioni sono arretrate del 5,1% a fronte del 3,2% delle borse globali (indici MSCI EM e MSCI ACWI, entrambi in dollari Usa), i differenziali dell’EMBI si sono ampliati di 19 pb e le valute sono scese del 3,9% (indice JP Morgan Emerging Markets Currency). I settori della “vecchia economia” – energia, materiali di base e industria – hanno continuato a sottoperformare. L’oro ha perso il 4,5%.

La redistribuzione di crescita e inflazione dagli Stati Uniti verso i suoi partner commerciali è il risultato naturale dell’andamento del dollaro. I dati Usa relativi alla crescita e all’inflazione hanno mancato le attese. Questo sviluppo, unitamente all’effetto delle conversioni valutarie sugli utili societari, sta pesando sulle azioni statunitensi. L’indice S&P 500 è arretrato del 2,3%, continuando a sottoperformare rispetto agli altri mercati sviluppati.

Le borse azionarie dell’Eurozona hanno guadagnato l’1,6% in valuta locale, grazie al miglioramento dei dati sulla crescita e all’indebolimento dell’euro, deprezzatosi del 6,3%. Anche il Topix ha sovraperformato, chiudendo in rialzo del 2,4%.

La progressione del dollaro statunitense sta portando a un inasprimento delle condizioni finanziarie negli Stati Uniti, svolgendo parte del lavoro che spetterebbe di fatto alla Fed. Alla fine degli anni ’90 gran parte dell’inasprimento avvenne principalmente attraverso la valuta, dato che il tasso ufficiale sui Fed Fund salì di appena l’1,7%, dal 4,8% al 6,5%, dopo aver oscillato intorno al 5,5% nei quattro anni precedenti. Analogamente, secondo le nostre stime, il recente apprezzamento del 16% del dollaro equivale più o meno a un incremento dell’1% del tasso sui Fed Fund. Ciò potrebbe ritardare l’avvio del rialzo dei tassi da parte della Fed e moderare il ritmo di tali interventi.

Nelle prime due settimane di marzo il comparto ha perso lo 0,36%, dato che le perdite subite sulla nostra posizione lunga sulle azioni globali, sulle posizioni corte in azioni A e H cinesi e sull’orientamento rialzista nei confronti dei listini russi sono state solo in parte compensate dai guadagni generati dalla posizione ribassista nelle valute dei mercati emergenti rispetto al dollaro Usa, dal posizionamento corto in titoli dei macchinari globali e dalla posizione corta in Treasury Usa a 5 anni.

Nel periodo in rassegna abbiamo chiuso il posizionamento lungo tattico nei confronti delle azioni mondiali. Nell’ambito del tema legato al rallentamento della Cina, abbiamo incrementato le posizioni corte in azioni cinesi e avviato una posizione corta coperta nei titoli delle aziende Internet del paese. Riguardo il nostro posizionamento lungo sul dollaro Usa, abbiamo accentuato l’orientamento ribassista sulle divise emergenti, mentre la posizione corta residua nel dollaro neozelandese ha raggiunto il limite trailing stop. Abbiamo aumentato la ponderazione dei settori statunitensi esposti all’economia domestica, aprendo una posizione lunga in società finanziarie americane e ampliando il posizionamento rialzista nel settore dei beni di consumo discrezionali. La posizione lunga in titoli azionari brasiliani ha raggiunto il limite di stop loss.


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