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Cina, il rallentamento del PIL è solo in percentuale
13 Marzo 2015 09:40

icesimo Congresso del Popolo, il parlamento cinese, si è aperto con il discorso del premier Li Keqiang che ha fissato gli obiettivi per il 2015: crescita del PIL annuo a +7%, inflazione al tre per cento e 10 milioni di nuovi posti di lavoro. Si tratta, relativamente al target di aumento di ricchezza annua, del valore più contenuto degli ultimi anni: non soltanto rispetto al 2010 (+10,4%) e al 2011 (+9,3%) ma anche se confrontato con quello dell’anno scorso (+7,4%) che pure è stato il «peggior» dato degli ultimi 24 anni.
Il Governo di Pechino ha però ormai deciso di intraprendere una modifica strutturale del proprio modello di crescita abbandonando il paradigma votato all’export e alla produzione manifatturiera a basso costo e sposando quello basato sui consumi interni e sulla produzione di qualità. In ogni caso, come fanno notare gli analisti, il rallentamento della crescita cinese sarà soltanto nella percentuale ma non nella grandezza. Cerchiamo di capire perché.
Dopo aver incrementato di 661 miliardi di dollari il proprio PIL nel 2013, Pechino ha aumentato di altri 684 miliardi di dollari la ricchezza prodotta complessivamente nel paese nell’intero 2014. Per l’anno appena iniziato, invece, il +7% stimato comporterebbe un ulteriore arricchimento del PIL cinese di 695 miliardi di dollari: ecco quindi che, sebbene la percentuale di crescita annua sia inferiore (+7% rispetto al +7,4% del 2014), l’aumento della ricchezza del paese in valore assoluto sarebbe comunque superiore agli anni passati. Non solo. Il progresso del PIL cinese in valore assoluto previsto per quest’anno, resterebbe comunque ampiamente superiore a quello degli Stati Uniti (+447 miliardi di dollari stimati, pari al +2,6%), e a quello della zona euro (+253 miliardi di dollari, ovvero il +1,5% ipotizzato nell’ultima riunione della BCE). In tutti i casi, a prescindere dal tasso di crescita e dall’ammontare complessivo dell’aumento della ricchezza annuale, la Cina si conferma un mercato di grande interesse per gli asset manager.
“Resta confermato il sovrappeso sulle aree privilegiate per liquidità ovvero Europa e listini asiatici. Il quadro macro a nostro avviso è positivo e riteniamo che anche gli utili siano in miglioramento e le valutazioni favorevoli. Dunque, il Giappone, che è il Paese dell’Area asiatica maggiormente rappresentato all’interno dei nostri fondi, rimane decisamente avvantaggiato nell’allocazione da parte degli investitori esteri. In particolare, oltre al Giappone, i Paesi su cui siamo più costruttivi, sono Cina e India. In Cina, le politiche monetarie espansive stanno aiutando il Paese a vincere la fase di rallentamento. Oggi si viaggia intorno a una crescita del 6%, anche se il governo mantiene gli obiettivi intorno al 7% per il 2015” fa sapere il team di gestione di Anima sgr che poi aggiunge un flash sull’altro colosso asiatico: “Per quanto riguarda l’India, invece, stiamo vivendo giorni molto importanti, con il Paese che ha avviato un processo di deciso aumento della spesa in infrastrutture. Il governo, inoltre, sta avviando modalità innovative di finanziamento. Il tutto si combina con dinamiche di bilanci sostenibili che puntano al contenimento del disavanzo, tanto che si è passato dal 4,1% di deficit del 2014 al 3,9% proiettato del 2015. Ancora, nei prossimi anni si dovrebbe scendere al 3,6%, poi al 3,3% e ancora al 3 per cento. Questo dovrebbe allontanare le paure di alcuni investitori riguardo la sostenibilità delle finanze pubbliche e la fragilità del bilancio pubblico".
Il Governo di Pechino ha però ormai deciso di intraprendere una modifica strutturale del proprio modello di crescita abbandonando il paradigma votato all’export e alla produzione manifatturiera a basso costo e sposando quello basato sui consumi interni e sulla produzione di qualità. In ogni caso, come fanno notare gli analisti, il rallentamento della crescita cinese sarà soltanto nella percentuale ma non nella grandezza. Cerchiamo di capire perché.
Dopo aver incrementato di 661 miliardi di dollari il proprio PIL nel 2013, Pechino ha aumentato di altri 684 miliardi di dollari la ricchezza prodotta complessivamente nel paese nell’intero 2014. Per l’anno appena iniziato, invece, il +7% stimato comporterebbe un ulteriore arricchimento del PIL cinese di 695 miliardi di dollari: ecco quindi che, sebbene la percentuale di crescita annua sia inferiore (+7% rispetto al +7,4% del 2014), l’aumento della ricchezza del paese in valore assoluto sarebbe comunque superiore agli anni passati. Non solo. Il progresso del PIL cinese in valore assoluto previsto per quest’anno, resterebbe comunque ampiamente superiore a quello degli Stati Uniti (+447 miliardi di dollari stimati, pari al +2,6%), e a quello della zona euro (+253 miliardi di dollari, ovvero il +1,5% ipotizzato nell’ultima riunione della BCE). In tutti i casi, a prescindere dal tasso di crescita e dall’ammontare complessivo dell’aumento della ricchezza annuale, la Cina si conferma un mercato di grande interesse per gli asset manager.
“Resta confermato il sovrappeso sulle aree privilegiate per liquidità ovvero Europa e listini asiatici. Il quadro macro a nostro avviso è positivo e riteniamo che anche gli utili siano in miglioramento e le valutazioni favorevoli. Dunque, il Giappone, che è il Paese dell’Area asiatica maggiormente rappresentato all’interno dei nostri fondi, rimane decisamente avvantaggiato nell’allocazione da parte degli investitori esteri. In particolare, oltre al Giappone, i Paesi su cui siamo più costruttivi, sono Cina e India. In Cina, le politiche monetarie espansive stanno aiutando il Paese a vincere la fase di rallentamento. Oggi si viaggia intorno a una crescita del 6%, anche se il governo mantiene gli obiettivi intorno al 7% per il 2015” fa sapere il team di gestione di Anima sgr che poi aggiunge un flash sull’altro colosso asiatico: “Per quanto riguarda l’India, invece, stiamo vivendo giorni molto importanti, con il Paese che ha avviato un processo di deciso aumento della spesa in infrastrutture. Il governo, inoltre, sta avviando modalità innovative di finanziamento. Il tutto si combina con dinamiche di bilanci sostenibili che puntano al contenimento del disavanzo, tanto che si è passato dal 4,1% di deficit del 2014 al 3,9% proiettato del 2015. Ancora, nei prossimi anni si dovrebbe scendere al 3,6%, poi al 3,3% e ancora al 3 per cento. Questo dovrebbe allontanare le paure di alcuni investitori riguardo la sostenibilità delle finanze pubbliche e la fragilità del bilancio pubblico".
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