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Ecco come la consulenza può ottimizzare i rendimenti

31 Dicembre 2014 09:00
financialounge -  consulente finanziario emotività
Gli italiani sono per tradizione un popolo di risparmiatori. Tuttavia, restano ancora molto propensi ad operare tramite il «fai da te».
D’altra parte il boom del risparmio postale, prima, e la fidelizzazione all’acquisto di titoli di stato dalle generose cedole, dopo, hanno agevolato scelte di portafoglio semplici e, al contempo, capaci di garantire dei discreti rendimenti con un rischio molto contenuto.
Ma dallo scoppio della crisi del debito sovrano della zona euro nell’estate del 2011, durante la quale ogni possessore di Bot, Cct, Ctz e Btp ha potuto constatare quanto pericoloso possa essere investire tutti i risparmi in una sola tipologia di strumenti finanziari, qualcosa è cambiato.

Da allora la consulenza ha guadagnato spazio anche nel nostro paese e oggi molti più risparmiatori guardano con attenzione ai consulenti finanziari. Senza considerare l’importanza cruciale del ruolo del consulente nelle scelte di portafoglio al fine di scongiurare le più comuni e dannose decisioni emotive (come quella di acquistare i titoli sui massimi, sulle ali dell’euforia, per poi rivenderli sui minimi, in concomitanza dei crolli dei mercati), è possibile saggiarne l’impatto anche sotto l’aspetto reddituale e di ottimizzazione del portafoglio.

Facciamo un esempio pratico relativo al 2014. A inizio anno, un risparmiatore con un capitale di 100 mila euro, sceglieva di sottoscrivere un buon fondo bilanciato classico diversificato per il 50% in azioni e per il restante 50% in bond e liquidità.
Un altro risparmiatore, con lo stesso capitale e lo stesso profilo di rischio, optava invece per un consulente che gli allestiva un portafoglio composto per il 50% in fondi azionari, per il 45% in fondi obbligazionari e per il restante 5% in fondi monetari euro. Per la precisione, il consulente suggeriva un sovrappeso azionario in Europa (20%) e in Italia (15%) e un peso minore in America, Pacifico e Paesi emergenti (ognuno con un 5%). In ambito obbligazionario, invece, il sovrappeso era nei fondi obbligazionari governativi euro a medio lungo termine (15%) a discapito degli obbligazionari area dollaro (5%) e governativi internazionali (5%) mentre una quota de 10% veniva assegnata sia agli obbligazionari Paesi emergenti che agli obbligazionari euro corporate bond.

Alla fine del primo semestre il fondo bilanciato mostrava un rendimento del +4,7% mentre quello del cliente del consulente evidenziava un guadagno del +5,9%.
Per il secondo semestre, il consulente suggeriva dei piccoli ritocchi di portafoglio, al fine di garantire il medesimo profilo di rischio complessivo dell’investimento, riducendo il sovrappeso in Europa e in Italia e portando al 10% il peso di tutti e cinque i fondi azionari in portafoglio (America, Italia, Europa, Pacifico e Paesi emergenti) mentre nel reddito fisso consigliava un aumento al 10% per i fondi obbligazionari area dollaro e governativi internazionali e una riduzione dell’esposizione nel fondo obbligazionario governativo a medio lungo termine (10%) e nel fondo obbligazionario Paesi emergenti (5%).

La risultante di queste scelte avrebbe permesso di registrare un guadagno del +3,7% contro il +2,7% del fondo bilanciato classico. Tradotto in pratica, il sottoscrittore del fondo bilanciato potrebbe contare oggi su un capitale di 107.547 euro (+7,5%) mentre quello che si è rivolto al consulente avrebbe un capitale di 109.774 euro (+9,7%).
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