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Le prospettive di breve e le speranze di lungo periodo

11 Dicembre 2014 15:30
financialounge -  crescita economica mercati azionari petrolio riforme
Francesco Caselli della London School of Economics ai Nobels Colloquia di Firenze ha messo in guardia dal rischio, in Italia e in Europa, di curare malanni cronici ma non mortali, e trascurare la malattia acuta che può avere conseguenze letali.
“La malattia acuta è negli intollerabili livelli di disoccupazione che azzerano la domanda, indeboliscono l’economia e, soprattutto, amplificano il disincanto delle solitudini individuali logorando il tessuto collettivo, provocando tensioni sociali” spiega Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di Swiss & Global nel commento analitico L’Alpha e Beta dell’8 dicembre.

D’altra parte l’Europa soffre di molti malanni che non possono essere trattati con soluzioni parziali: le tanto invocate, pretese, temute riforme strutturali sono al servizio della maggiore competitività ma curano i mali cronici che affliggono un sistema, si orientino al lungo periodo, non curano la malattia acuta. L’Italia e l’Europa hanno invece disperato bisogno del rapido innesco della ripresa nel breve termine, posti di lavoro e maggior reddito disponibile. D’altro canto interventi straordinari a sostegno della domanda sono per loro stessa natura di breve periodo e, da soli, non basterebbero a convincere le opinioni pubbliche europee e i capitali esteri per investimenti diretti (FDI).
In pratica, le incertezze del breve termine conculcano in Francia e in Italia la fiducia nel lungo termine, benché si nutra la speranza che nel lungo periodo le cose vadano meglio. In Germania invece le incertezze che si annidano nel più lungo temine opacizzano la fiducia di breve termine nonostante la positività dello scenario attuale.

“Vale per l’Europa il medesimo ingrediente che Giuseppe De Rita indica come indispensabile per l’Italia, ovvero la rifondazione della fiducia nel futuro, nelle prospettive di breve e nelle speranze di più lungo periodo. La fiducia è l’olio nell’ingranaggio della ripresa, facilita la voglia di spendere delle famiglie, di investire delle imprese, è la risposta al downgrading di Standard & Poor’s e alle fazioni anti euro” sottolinea Carlo Benetti che fa notare come, al contrario, la fiducia non sia mancata nei mercati finanziari.
“Dall’annus horribilis 2011 ad oggi gli investitori sono tornati a credere nei titoli obbligazionari ed azionari europei. Soprattutto nel 2013 i flussi sono stati imponenti anche durante il panico innescato sui mercati emergenti dall’annuncio di Bernanke sull’approssimarsi della fine delle misure straordinarie di acquisto titoli (il cosiddetto tapering)”.

Oltretutto la fiducia nei listini azionari è stata messa a dura prova da performance al di sotto delle aspettative: Banca Akros ha calcolato che la crescita degli utili attesa attorno al 10-12% è stata invece del 2-4%.
Solo quest’anno si è verificato un certo consolidamento e sono emersi elementi che sembrano confermare la preferenza relativa al mercato azionario europeo: le iniziative della banca centrale a supporto dell’economia hanno abbassato ai minimi storici i costi del finanziamento, aiuto alle società indebitate, e hanno indebolito i rapporti di cambio dell’euro, aiuto alle società esportatrici. Il calo del prezzo del petrolio compensa l’apprezzamento del dollaro nella bolletta energetica, aiuto alle società a maggior consumo di energia.
I fondamentali in ordine e la ripresa di adeguati livelli di attività di società nel settore ciclico non sono ancora espressi nei prezzi, in termini più generali sta gradualmente tornando una certa vivacità a livello micro.

“A dispetto degli anni scorsi, le attese di consenso per il 2015 sono di una crescita degli utili delle società europee mediamente attorno al 10%, prestando naturalmente attenzione alle caratteristiche delle diverse aree economiche del Vecchio Continente. Per la prima volta in due anni inoltre si leggono aggiustamenti verso l’alto delle stime sugli utili per il 2015 e il 2016. A livello macro il PIL tedesco nel terzo trimestre è stato di +0,1% (+1,2% anno su anno) e finalmente si è registrato un dato positivo nei consumi privati, +0,7% dopo il gramo +0,1% del secondo trimestre” ricorda Carlo Benetti che preferisce schierarsi tra coloro che ribadiscono la fiducia ai listini europei.

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