Contatti

Lending Club Corp

International Editor's Picks - 09 dicembre 2014

9 Dicembre 2014 10:30
financialounge -  Lending Club Corp petrolio shale oil sharing economy uber
Il 2014 si era annunciato come l’anno della sharing economy. Dodici mesi dopo Uber sta vincendo il campionato. Su Business Insider leggiamo che l’incubo dei tassisti di tutto il mondo ha raggiunto la valutazione stellare di $40 miliardi. Dopo aver raccolto quest’estate altri quattrini per una valutazione già altissima di $18 miliardi, in questi giorni ha ricevuto fondi per altri $1,2 miliardi che ne proiettano la valutazione appunto a 40 miliardi. In pratica in meno di sei mesi ha più che raddoppiato. E l’hedge fund Tiger si sta preparando a un’IPO che potrebbe sfondare il muro dei 100 miliardi, sempre di dollari, in termini di valorizzazione.

Dalla sharing economy delle automobili a quella dei soldi. Dovrebbe partire questa settimana a Wall Street l’attesa Ipo di Lending Club, la piattaforma su cui gli utenti si scambiano prestiti. Gary Silverman sull’FT di sabato solleva qualche dubbio. Intanto sull’espressione peer-to-peer, intrigante e rassicurante perché definisce un rapporto paritario tra chi presta e chi si indebita. A leggere il prospetto però le cose sono meno chiare, ed emerge che chi presta sa in realtà pochissimo di chi riceve in prestito. Mentre il Club, da cui prende il nome la start up che vuol sbarcare sul mercato, ammette nello stesso prospetto di poter fornire pochissime garanzie sul merito di credito di chi si rivolge alla piattaforma per essere finanziato. Insomma, tutto sulla parola e sulla fiducia. Invece di chiamarlo peer-to-peer forse sarebbe stato meglio chiamare il busines di Lending Club stranger-to-stranger, conclude l’FT.

Più passano i giorni e più è chiaro che la guerra dei prezzi che sta mandando a picco il petrolio ha pochissimo a che fare con le ritorsioni occidentali contro Putin e moltissimo con il dumping messo in atto dai sauditi contro lo shale oil americano. Su Fox business si legge che l’Arabia è letteralmente terrorizzata dalla prospettiva di un’economia americana in piena ripresa che può fare a meno del suo petrolio. Giovedì scorso Aramco, la compagnia di stato saudita, ha lanciato un’offerta di sconto di $2 sul benchmark locale alle raffinerie USA su tutte le qualità di greggio. È chiaro, scrive Fox, che i sauditi sono disposti a qualunque cosa per difendere la propria quota di mercato, qualsiasi siano le conseguenze per gli altri produttori. E hanno 36,5 miliardi di ragioni. È questo infatti il numero di barili che secondo la Energy Information Administration hanno oggi in riserve gli Stati Uniti, un livello mai visto dal 1975.
Share:
Trending