occupazione
Posti di lavoro in meno, la tecnologia non c'entra
4 Dicembre 2014 15:45

o alcuni recenti studi di mercato, nei prossimi 30 anni almeno un terzo delle attuali occupazioni scomparirà: alcuni osservatori arrivano addirittura a ipotizzare percentuali ancora superiori.
Tra le principali cause di questa tendenza figura la tecnologia e, in particolare, alcune applicazioni dell’hi tech più avanzato (robot, soluzioni software e programmi sofisticati) capaci di sostituire in tutto o in buona parte la presenza dell’uomo. In realtà non è proprio così.
Uno studio condotto in 19 paesi industrializzati e presentato ad un convegno organizzato da Telecom Italia con OCSE, Banca d’Italia e Università Luiss di Roma, dimostra che nel lungo periodo (sette anni) la sostituzione del capitale umano con soluzioni tecnologiche viene riassorbita. Nel breve termine, cioè nei primi due anni, l’azienda, che non può modificare il ciclo produttivo, adotta l’applicazione hi tech avanzata con conseguente riduzione dell’occupazione.
Ma nei cinque anni successivi, grazie al miglioramento della produttività e del vantaggio competitivo tende ad assumere nuovi occupati fino al raggiungimento (e talvolta anche un numero superiore) delle maestranze precedenti. Il problema, semmai, è che le richieste successive rischiano di andare inevase a seguito dei mestieri che scarseggiano sul mercato.
Ed è questo il vero problema italiano. Per alcuni settori, ma non solo quelli, come la meccanica, l’elettronica, la metallurgia e i prodotti in metallo, esiste una elevata percentuale di richiesta di manodopera che non riesce a trovare copertura.
Ingegneri, informatici, tecnici It, meccatronici, periti industriali, periti meccanici sono solo alcune delle figure professionali di difficile reperimento: basti pensare che in Lombardia il 60% circa di queste richieste manca della copertura, mentre il Emilia Romagna sale al 70% e in Veneto addirittura sfiora l’80%.
Ha quindi ragione chi dice che è assolutamente necessario incrementare il legame tra la scuola superiore e universitaria con il mondo del lavoro in modo da formare personale qualificato già pronto ad entrare nel mondo produttivo non appena diplomato o laureato.
Tra le principali cause di questa tendenza figura la tecnologia e, in particolare, alcune applicazioni dell’hi tech più avanzato (robot, soluzioni software e programmi sofisticati) capaci di sostituire in tutto o in buona parte la presenza dell’uomo. In realtà non è proprio così.
Uno studio condotto in 19 paesi industrializzati e presentato ad un convegno organizzato da Telecom Italia con OCSE, Banca d’Italia e Università Luiss di Roma, dimostra che nel lungo periodo (sette anni) la sostituzione del capitale umano con soluzioni tecnologiche viene riassorbita. Nel breve termine, cioè nei primi due anni, l’azienda, che non può modificare il ciclo produttivo, adotta l’applicazione hi tech avanzata con conseguente riduzione dell’occupazione.
Ma nei cinque anni successivi, grazie al miglioramento della produttività e del vantaggio competitivo tende ad assumere nuovi occupati fino al raggiungimento (e talvolta anche un numero superiore) delle maestranze precedenti. Il problema, semmai, è che le richieste successive rischiano di andare inevase a seguito dei mestieri che scarseggiano sul mercato.
Ed è questo il vero problema italiano. Per alcuni settori, ma non solo quelli, come la meccanica, l’elettronica, la metallurgia e i prodotti in metallo, esiste una elevata percentuale di richiesta di manodopera che non riesce a trovare copertura.
Ingegneri, informatici, tecnici It, meccatronici, periti industriali, periti meccanici sono solo alcune delle figure professionali di difficile reperimento: basti pensare che in Lombardia il 60% circa di queste richieste manca della copertura, mentre il Emilia Romagna sale al 70% e in Veneto addirittura sfiora l’80%.
Ha quindi ragione chi dice che è assolutamente necessario incrementare il legame tra la scuola superiore e universitaria con il mondo del lavoro in modo da formare personale qualificato già pronto ad entrare nel mondo produttivo non appena diplomato o laureato.
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