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Idee di investimento - Azioni - 24 novembre 2014

24 Novembre 2014 09:30

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peso nell’equity, utilizzando parte della liquidità in portafoglio, e aumento dell’esposizione nel settore dei beni voluttuari a discapito di quello dei materiali di base. Sono queste le principali variazioni di portafoglio che emergono dalla lettura dell’articolo “Migliori prospettive per il mercato azionario verso fine anno” a cura della Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity.
“Sovrappesiamo il mercato azionario alla luce del calo dei prezzi del petrolio e delle continue misure di sostegno delle banche centrali, che dovrebbero stimolare l’economia e la propensione al rischio verso fine anno”, commentano gli esperti della PSU che poi aggiungono: “Gli indicatori del sentiment sono tornati a un livello neutrale dopo un mese volatile in cui le piazze azionarie hanno dapprima subito un crollo e poi recuperato terreno. Gli indicatori delle valutazioni sono migliorati dopo la correzione del mercato di ottobre. Tuttavia, le revisioni delle stime di utili aziendali sono ancora generalmente negative in tutto il mondo, Giappone escluso. È uno scenario preoccupante, ma i titoli azionari restano più allettanti di quelli obbligazionari in virtù di un premio al rischio, cioè l’extra rendimento rispetto al tasso privo di rischio, ancora prossimo al 6%”.

Anche Reinhold Knaus di BNP Paribas Investment Partners conferma, nell’articolo “Borse Giappone e USA in vantaggio su mercati emergenti”, un sovrappeso per quanto riguarda l’azionario internazionale.
“A nostro avviso il ciclo economico globale è complessivamente negativo, poiché le prospettive economiche favorevoli per gli USA vengono bilanciate dalle difficoltà di ripresa nella zona euro, in Giappone e nei Paesi emergenti. Tuttavia le politiche monetarie e gli utili societari rappresentano dei fattori favorevoli e gli scarsi aumenti salariali negli USA hanno un risvolto positivo, poiché consentono alle imprese di mantenere a freno le pressioni sui costi con effetti positivi sui margini di profitto. Abbiamo inoltre mantenuto il sovrappeso sulle large-cap europee rispetto alle small-cap” specifica Reinhold Knaus mentre Robert Jones, co-Head Pan European Equities di Union Bancaire Privée (UBP), invece, ha chiarito, nell’articolo “2015, ecco le soluzioni di portafoglio per un anno difficile” le ragioni in base alle quali si può investire in Europa a patto, però, di distinguere in modo netto crescita economica e sviluppi aziendali. Se la crescita nel Vecchio Continente potrebbe rivelarsi non particolarmente brillante anche nel 2015, alcune selezionate imprese europee (in particolari quelle grandi e ben gestite) continueranno a fare bene e a costituire anche in futuro un investimento di sicuro interesse. Per Robert Jones, in ogni caso, le riforme in atto o che si stanno configurando nella zona euro potranno dare un valido contributo mentre la BCE garantirà un forte sostegno sebbene non tutti i rischi potranno essere azzerati. Ma, gli utili aziendali che si attestano su livelli molto distanti dai massimi pre crisi, i bassi livelli di indebitamento delle migliori società quotate, la consolidata governance aziendale e la solida cultura dei dividendi forniranno importanti supporti all’azionario Europa sia a livello assoluto che rispetto ad altre asset class.

Infine, Russ Koesterich Global Chief Investment Strategist di BlackRock, nell’articolo “Ritorno di interesse sulle small cap USA” esprime una visione più favorevole verso le small cap USA, oltre alla conferma della preferenza per le azioni giapponesi e cinesi. “Dopo la performance deludente da inizio anno, si stiamo iniziando a vedere qualche cambiamento nel sentiment degli investitori: forse è giusta l’ora di favorire una posizione più neutrale su questa asset class” precisa infatti Russ Koesterich.

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