livello di rischio
Meno garanzie sui nuovi bond delle grandi banche
21 Ottobre 2014 16:20

minimo di 237 a un massimo di 870 miliardi di dollari. A tanto potrebbe ammontare il deficit patrimoniale dei grandi istituti di credito mondiali quelli, per intenderci, «troppo grandi per fallire». L’ampio spettro del gap da colmare è frutto delle stime degli analisti di settore e oscilla, per l’appunto, tra i 237 miliardi di dollari previsti da un report di Barclays e gli 870 miliardi stimati invece da uno studio di AllianceBernstein.
La forchetta è così ampia perché le proposte del Financial Stability Board (FSB) di Basilea delineano diverse possibilità per gli istituti di credito per finanziare il fabbisogno di capitali necessario a coprire tutte le attività di rischio ponderate. Basti pensare che il totale complessivo degli attivi di bilancio considerati per le big bank mondiali ammonta a 21.000 miliardi di dollari e anche una piccola modifica della percentuale da utilizzare per colmare i rischi di queste esposizioni si traducono in ipotesi con grandi numeri.
"In tutti i casi, la direzione è ormai delineata ed è chiaro che stiamo parlando di enormi quantità", ha tagliato corto Emil Petrov, specialista in soluzioni finanziarie presso la Nomura International di Londra che poi però a aggiunto: "Ciò che è meno chiaro è come ci arriveremo. Se da un lato le scadenze regolamentari saranno effettive tra alcuni anni, dall’altro il mercato potrebbe esigere il pieno rispetto dei piani di copertura in tempi più ravvicinati".
L’obiettivo del FSB è quello di limitare i danni che il crollo di una grande banca potrebbe infliggere all'economia mondiale, costringendo gli istituti di credito a detenere debito aggiuntivo che può essere iscritto in bilancio in modo automatico e flessibile al fine di aiutare la ricapitalizzazione dell’istituto in caso di rischio di insolvenza.
Nell’ambito di titoli obbligazionari senior, in base alle norme attualmente in vigore la banca deve dichiarare il fallimento, una mossa che potrebbe procurare un danno enorme al sistema finanziario in tutto il mondo se accadesse a una grande banca globale. Praticamente quello che è successo quando Lehman Brothers Holdings è crollata nel 2008, spingendo i governi di tutto il mondo ad intervenire con i soldi dei contribuenti per salvare gli istituti di credito messi a rischio dal fallimento della banca d’affari USA.
Secondo Ed Firth, analista di Macquarie Group Ltd. a Londra, le banche dovrebbero essere in grado di sostituire il debito esistente con nuove emissioni di tipo bail-in, cioè quelle nelle quali i costi del salvataggio dell’ emittente in crisi (la banca) ricadono in primis su azionisti e creditori. Gli spread, sottolinea infatti l’analista, sono scesi a livelli minimi e sui mercati del debito la domanda resta particolarmente sostenuta grazie anche alla liquidità in circolazione. Peccato che le nuove emissioni sarebbero, come detto, di tipo bail – in.
È il cosiddetto modello Cipro, quando cioè a pagare il conto sono stati chiamati anche i clienti con depositi superiori ai 100 mila euro: prima i costi del salvataggio delle banche si scaricavano all’esterno (sulla fiscalità generale) mentre ora peseranno su soci azionisti, obbligazionisti e depositanti di fascia alta.
La forchetta è così ampia perché le proposte del Financial Stability Board (FSB) di Basilea delineano diverse possibilità per gli istituti di credito per finanziare il fabbisogno di capitali necessario a coprire tutte le attività di rischio ponderate. Basti pensare che il totale complessivo degli attivi di bilancio considerati per le big bank mondiali ammonta a 21.000 miliardi di dollari e anche una piccola modifica della percentuale da utilizzare per colmare i rischi di queste esposizioni si traducono in ipotesi con grandi numeri.
"In tutti i casi, la direzione è ormai delineata ed è chiaro che stiamo parlando di enormi quantità", ha tagliato corto Emil Petrov, specialista in soluzioni finanziarie presso la Nomura International di Londra che poi però a aggiunto: "Ciò che è meno chiaro è come ci arriveremo. Se da un lato le scadenze regolamentari saranno effettive tra alcuni anni, dall’altro il mercato potrebbe esigere il pieno rispetto dei piani di copertura in tempi più ravvicinati".
L’obiettivo del FSB è quello di limitare i danni che il crollo di una grande banca potrebbe infliggere all'economia mondiale, costringendo gli istituti di credito a detenere debito aggiuntivo che può essere iscritto in bilancio in modo automatico e flessibile al fine di aiutare la ricapitalizzazione dell’istituto in caso di rischio di insolvenza.
Nell’ambito di titoli obbligazionari senior, in base alle norme attualmente in vigore la banca deve dichiarare il fallimento, una mossa che potrebbe procurare un danno enorme al sistema finanziario in tutto il mondo se accadesse a una grande banca globale. Praticamente quello che è successo quando Lehman Brothers Holdings è crollata nel 2008, spingendo i governi di tutto il mondo ad intervenire con i soldi dei contribuenti per salvare gli istituti di credito messi a rischio dal fallimento della banca d’affari USA.
Secondo Ed Firth, analista di Macquarie Group Ltd. a Londra, le banche dovrebbero essere in grado di sostituire il debito esistente con nuove emissioni di tipo bail-in, cioè quelle nelle quali i costi del salvataggio dell’ emittente in crisi (la banca) ricadono in primis su azionisti e creditori. Gli spread, sottolinea infatti l’analista, sono scesi a livelli minimi e sui mercati del debito la domanda resta particolarmente sostenuta grazie anche alla liquidità in circolazione. Peccato che le nuove emissioni sarebbero, come detto, di tipo bail – in.
È il cosiddetto modello Cipro, quando cioè a pagare il conto sono stati chiamati anche i clienti con depositi superiori ai 100 mila euro: prima i costi del salvataggio delle banche si scaricavano all’esterno (sulla fiscalità generale) mentre ora peseranno su soci azionisti, obbligazionisti e depositanti di fascia alta.
Trending