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Minibond poco usati finora per lo sviluppo

1 Ottobre 2014 16:10
financialounge -  credit crunch Eurozona Fondi obbligazionari imprese settore tecnologico Tesisquare
Nel 2013 le emissioni obbligazionarie high yield di aziende italiane sono state 72 per un importo complessivo pari a 23 miliardi di euro, equivalente all’anno precedente.

Ma secondo un recente studio di Moody’s entro il 2016 sono previsti circa 100 miliardi di dollari di debito aziendale italiano da rifinanziare, 57,4 dei quali sotto forma di obbligazioni e 41,2 miliardi come debiti bancari. E, dal momento che il contesto del reddito fisso della zona euro dovrebbe restare accomodante (con i tassi monetari a breve tenuti a zero dalla BCE per un prolungato periodo di tempo), le previsioni sono per un aumento delle emissioni obbligazionarie e, tra queste, anche di mini bond.

Questi ultimi, sono gli strumenti che, grazie ad una serie di interventi normativi e di natura fiscale, consentono un accesso diretto ai mercati dei capitali da parte delle imprese italiane di piccole e medie dimensioni. Nati durante il Governo Monti, i minibond sono stati istituiti per agevolare il ricorso al mercato dei capitali da parte delle imprese italiane che, nella stretta del credit crunch (restrizione dei finanziamenti) bancario ancora vivo a sette anni dall’inizio di questa crisi, fanno ancora fatica a reperire finanziamenti.

Peccato che un recente studio abbia dimostrato che soltanto il 13% delle emissioni di minibond nel corso del 2014 sia effettivamente servito allo sviluppo. L’indagine, in particolare, ha analizzato 36 emissioni collocate in Italia tra il 14 febbraio e il 31 agosto scorsi, per un totale di 1,2 miliardi di euro complessivi. Ma soltanto 13 di queste, per un importo di 151,9 milioni (cioè il 12,65% del totale) sono stati collocati da piccole imprese con la finalità di reperire risorse per lo sviluppo. Il 68% delle emissioni, per 818 milioni di euro complessivi, sono imputabili invece a un esclusivo rifinanziamento del debito bancario: quindi, nessuna mira di sviluppo quanto piuttosto di convenienza finanziaria.

Un gruppo di utility venete, invece, hanno emesso minibond per 150 milioni per finanziarie programmi di infrastrutture idriche. Tra le poche eccezioni si segnala Tesisquare, brand commerciale dell’azienda cuneese Tesi, che ha debuttato in Borsa con un MiniBond da 2 milioni di euro per finanziare il proprio progetto di sviluppo e di internazionalizzazione. L’emissione, della durata di 5 anni, prevede un rimborso progressivo a partire dal terzo anno di vita del titolo e scadenza nel 2019, a un tasso fisso pari al 5,6%.

Tesisquare, nata nel 1995 a Bra in provincia di Cuneo, attiva nel mondo dell’Information Technology e specializzata in soluzioni e servizi collaborativi tra imprese, è stata scelta come partner strategico da numerose aziende e associazioni di livello internazionale. È ancora presto per trarre un bilancio sui minibond ma, tornando ai dati dell’analisi di mercato su questa tipologia di titoli immessi finora sul mercato, sembrerebbe confermata la tesi che non può bastare un decreto per rimettere in moto gli investimenti: è necessario creare un circolo virtuoso per riuscire a finanziarie in modo mirato i progetti di sviluppo che prendano in esame soprattutto le tante start up innovative di questo paese e le iniziative nel settore manifatturiero delle piccole e micro aziende.
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