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Le Big Oil hanno ancora valutazioni attraenti

25 Settembre 2014 15:10

financialounge -  borsa Europa petrolio
i analisti di Morgan Stanley Equity Research (MSER) settore Oil & Gas, le valutazioni delle compagnie Big Oil, cioè i grandi gruppi petroliferi, restano attraenti. A questa conclusione sono arrivati dopo aver riesaminato gli impatti dei prezzi del greggio che hanno subito un significativo calo nelle ultime settimane: un trend che potrebbe avere impatti negativi sui flussi di cassa attesi per i gruppi petroliferi.

“I prezzi del petrolio sono scesi rapidamente a seguito di una domanda debole a fronte di una fornitura rimasta su livelli sostenuti: la quotazione del greggio di qualità Brent si è attestato in media a 110 dollari dall'inizio del 2011, ma è caduto nelle ultime settimana intorno a circa 99 dollari. Questo brusco calo, ricalca quanto già visto in precedenza nel giugno 2012 (quando la correzione arrivò fino a 90 dollari) e nel mese di aprile 2013 (quanto i prezzi si posizionarono a 98 dollari)” ricordano gli specialisti di MSER per i quali i driver principali di questa recente debolezza sono da ricercare nell’importante rallentamento della crescita della domanda di petrolio, in particolare quella proveniente dall’Europa e dalla Cina, e dal recente rimbalzo della produzione dalla Libia. Sebbene i prezzi del greggio a breve termine siano incerte e difficili da prevedere, MSER assume che le quotazioni rimangano entro il range degli ultimi tre anni.
Sono tre i fattori che dovrebbero fornire un sostegno a medio termine per gli specialisti di MSER.

“In primo luogo, i prezzi del petrolio più bassi tenderanno probabilmente ad accelerare il rallentamento degli investimenti: già con i prezzi del petrolio in media a 110 dollari al barile, le major petrolifere lo scorso anno hanno cominciato a ridurre i piani del capex (investimenti in conto capitale in beni durevoli e macchinari). Certo, gli impatti derivanti da una minore fornitura di greggio sui mercati sarà attuata con un certo ritardo, ma questo dovrebbe comunque contribuire a sostenere i prezzi del petrolio entro i prossimi due anni. La curva dei future sta in qualche modo già segnalando questa ipotesi: se i futures del petrolio a breve scadenza (<1 anno) sono inferiori ai valori di 6 mesi fa, quelli a più lunga scadenza (> 1 anno) sono aumentati nello stesso periodo” rivelano gli esperti di Morgan Stanley Equity Research che poi passano agli altri due fattori chiave di supporto: “Vi è inoltre ancora un rischio geopolitico tutt’altro che limitato e, in terzo luogo, ci aspettiamo che l'OPEC si adoperi al fine di fornire un supporto alle quotazioni in linea con quanto sempre fatto negli ultimi anni”.

Ma cosa succede se questo scenario si rivela troppo ottimistico?
L’ipotesi dei professionisti specializzati del MSER è che il prezzo tenda ad oscillare intorno ai 110$/barile (BBL) come accaduto in prevalenza negli ultimi, ma esistono comunque rischi all’orizzonte. Analizzando l'impatto sugli utili per azione (EPS), sui flussi di cassa (FCF), e la copertura dei dividendi, gli esperti di MSER hanno calcolato i possibili impatti anche nel caso di un Brent stazionario intorno ai 100 USD/barile o che invece scende ulteriormente a 90 USD/BBL.

In media, secondo i calcoli degli analisti del MSER, le cinque major europee perdono il 12% circa dei profitti e quasi 30 punti percentuali di copertura del dividendo per ogni caduta del greggio di 10 dollari al barile: in particolare le previsioni, in caso di Brent a 100 dollari il barile, è un calo dei valori di Borsa dell’8% circa. In ogni caso, tenendo conto di tutti i fattori, gli specialisti di MSER confermano il giudizio “attraente” per le major del settore petrolifero sia perché i flussi di cassa potrebbero essere irrobustiti da un rallentamento nei piani del capex, sia per un aumento dei buy back (riacquisto di azioni proprie) e sia per la solidità dei dividendi.

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