cina
Manifestazioni pro democrazia invadono Hong Kong
4 Settembre 2014 09:10

ong sta vivendo giorni tumultuosi, assediata da migliaia di voci di protesta che esortano il governo cinese a prendere scelte politiche d’impronta democratica. L’ingente ondata di dissensi da parte del gruppo di attivisti pro democrazia si è abbattuta sulla città in seguito alla notizia annunciata domenica scorsa dal Comitato permanente del Congresso Nazionale del Popolo: Pechino avrebbe intenzione di limitare a due o tre il numero di candidati che ricopriranno le cariche più importanti della città, con la condizione che i candidati dichiarino e dimostrino amore per la patria e per la città.
Le forti costrizioni nel sistema elettivo, sia sul piano tecnico che su quello ideologico, hanno scosso gli animi dei gruppi pro democrazia cinesi, pronti da mesi ad insorgere contro il governo, nel caso in cui questo non si fosse impegnato a garantire elezioni libere e dirette. Alla base di tali proteste c’è la richiesta che il governo rispetti il principio costituzionale del 1997 “un paese, due sistemi", atto a garantire sotto la stessa bandiera la convivenza del sistema capitalistico di Hong Kong e Macao e quello socialista del restante territorio cinese.
Il gruppo di manifestanti si starebbe preparando ad infierire una ferita profonda al governo, mettendo sotto scacco il distretto finanziario di Hong Kong, uno dei punti nevralgici dell’economia asiatica. Lo zoccolo duro del gruppo di protesta, “Occupy Central With Love and Peace” ha minacciato di compromettere la viabilità del quartiere e di pregiudicare la normale attività del quartiere degli affari cinese.
Secondo l’organizzatore della protesta, Benny Tai, sarebbe proprio la disobbedienza civile il potere del movimento, a preoccupare il governo di Pechino.
Domenica scorsa migliaia di persone si sono recate fuori dagli uffici governativi della città, abbracciando la manifestazione organizzata dal gruppo pro democrazia. Questi movimenti, sebbene anch’essi attenti alla disparità di reddito della popolazione, non sono affiliati al movimento di Zuccotti Park a Manhattan. Il principale obiettivo degli Occupy Central resta infatti quello di garantire pieni diritti di voto all’interno della regione amministrativa speciale della Repubblica cinese.
In una città come Hong Kong, costituita su un’idea di stabilità e di ordine, una rivolta come quella che si sta prospettando nel suo cuore economico potrebbe rappresentare un problema per molti.
Infatti è proprio nel quartiere che hanno le principali sedi regionali le grandi banche internazionali come Citibank, HSBC and Bank of China. Chiara anche la presa di posizione da parte delle quattro grandi società di revisione contabile Deloitte, Ernst & Young, PricewaterhouseCoopers e KPMG, che a giugno hanno rilasciato commenti negativi dicendosi contrarie al movimento Occupy Central.
Proprio l’eccessiva influenza nella politica locale da parte di compagnie multinazionali avrebbe contribuito a diffondere le critiche sul governo e a far crescere la portata della protesta. Il malcontento generale sta scuotendo Hong Kong ed il prossimo passo, l’occupazione del distretto finanziario della città, sarebbe stato confermato dal movimento Occupy Central che ha ribadito il suo impegno nella disobbedienza civile, vista l’impossibilità di dialogo con le forze governative.
Le forti costrizioni nel sistema elettivo, sia sul piano tecnico che su quello ideologico, hanno scosso gli animi dei gruppi pro democrazia cinesi, pronti da mesi ad insorgere contro il governo, nel caso in cui questo non si fosse impegnato a garantire elezioni libere e dirette. Alla base di tali proteste c’è la richiesta che il governo rispetti il principio costituzionale del 1997 “un paese, due sistemi", atto a garantire sotto la stessa bandiera la convivenza del sistema capitalistico di Hong Kong e Macao e quello socialista del restante territorio cinese.
Il gruppo di manifestanti si starebbe preparando ad infierire una ferita profonda al governo, mettendo sotto scacco il distretto finanziario di Hong Kong, uno dei punti nevralgici dell’economia asiatica. Lo zoccolo duro del gruppo di protesta, “Occupy Central With Love and Peace” ha minacciato di compromettere la viabilità del quartiere e di pregiudicare la normale attività del quartiere degli affari cinese.
Secondo l’organizzatore della protesta, Benny Tai, sarebbe proprio la disobbedienza civile il potere del movimento, a preoccupare il governo di Pechino.
Domenica scorsa migliaia di persone si sono recate fuori dagli uffici governativi della città, abbracciando la manifestazione organizzata dal gruppo pro democrazia. Questi movimenti, sebbene anch’essi attenti alla disparità di reddito della popolazione, non sono affiliati al movimento di Zuccotti Park a Manhattan. Il principale obiettivo degli Occupy Central resta infatti quello di garantire pieni diritti di voto all’interno della regione amministrativa speciale della Repubblica cinese.
In una città come Hong Kong, costituita su un’idea di stabilità e di ordine, una rivolta come quella che si sta prospettando nel suo cuore economico potrebbe rappresentare un problema per molti.
Infatti è proprio nel quartiere che hanno le principali sedi regionali le grandi banche internazionali come Citibank, HSBC and Bank of China. Chiara anche la presa di posizione da parte delle quattro grandi società di revisione contabile Deloitte, Ernst & Young, PricewaterhouseCoopers e KPMG, che a giugno hanno rilasciato commenti negativi dicendosi contrarie al movimento Occupy Central.
Proprio l’eccessiva influenza nella politica locale da parte di compagnie multinazionali avrebbe contribuito a diffondere le critiche sul governo e a far crescere la portata della protesta. Il malcontento generale sta scuotendo Hong Kong ed il prossimo passo, l’occupazione del distretto finanziario della città, sarebbe stato confermato dal movimento Occupy Central che ha ribadito il suo impegno nella disobbedienza civile, vista l’impossibilità di dialogo con le forze governative.
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