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Due rischi: interventi sui tassi e impennata del greggio

11 Luglio 2014 11:25
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Cosa potrebbe far deragliare i pronostici di Vontobel circa un’ampia ripresa e condurre a un cambiamento degli scenari? I principali rischi sono due, come spiega Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel:

“Innanzitutto l’inflazione delle attività potrebbe indurre le banche centrali a prevenire un’eventuale “instabilità finanziaria”. Questo non è il nostro principale timore. La presidente della Fed, Janet Yellen, ha infatti reiterato di recente che le valutazioni dei mercati finanziari non sembrano eccessive e ha notato semplicemente una tendenza alla ricerca di rendimento. Quanto alla BCE e alla Bank of Japan, entrambe non sono preoccupate per l’inflazione delle attività – al contrario. Solo la Bank of England comincia a sentirsi a disagio con il mercato immobiliare londinese, un po’ troppo “spumeggiante”. In secondo luogo le crisi in Ucraina e in Iraq non accennano a placarsi. Se le continue violenze in Iraq dovessero provocare un rialzo dei prezzi del greggio, ciò avrebbe effetti ben più gravi sulla ripresa economica”.

Intanto gli investitori rimangono riluttanti all’idea di abbracciare uno scenario “goldilocks”, caratterizzato cioè da una ripresa economica abbinata a bassi tassi d’interesse, e il “sentiment” non ha (ancora) raggiunto i livelli di euforia che denotano un picco del mercato.

“Per il momento non vediamo motivo di modificare il nostro sovrappeso nelle attività rischiose e, in particolare, nei mercati azionari, ma osserviamo attentamente le valutazioni e i punti di svolta della politica monetaria. Al contempo consigliamo ai clienti di comprare una certa protezione da potenziali correzioni dei mercati azionari: la volatilità è infatti ai minimi storici e il prezzo delle posizioni di copertura è oggi molto interessante” suggerisce Christophe Bernard.

Guardando al futuro, Christophe Bernard ritiene che le probabilità di un recupero su più ampia scala dell’economia globale siano migliorate e con esse le previsioni per la seconda metà dell’anno: “A nostro parere, la situazione si presenta abbastanza favorevole: le deboli cifre dell’economia americana nel primo trimestre sembrano essere un episodio una tantum, legato a fattori meteorologici, mentre le economie emergenti cominciano a beneficiare dell’indebolimento delle valute locali e della stabilizzazione delle condizioni finanziarie. Quanto alla Cina, i recenti dati economici mostrano che le misure adottate per compensare le ricadute dello stagnante mercato immobiliare iniziano a dare i loro frutti” sottolinea Christophe Bernard per il quale non è possibile aspettarsi un’iniezione infinita di liquidità da parte delle banche centrali.

“La Federal Reserve americana (Fed) cesserà probabilmente in autunno i suoi acquisti di titoli (quantitative easing, QE). Questo significherà un punto di svolta per la politica monetaria americana, anche se i tassi di interesse chiave rimarranno vicino alla zero ancora per un lungo periodo di tempo. In realtà, dallo scoppio della crisi finanziaria nel 2008, l’indice S&P 500 non è mai riuscito a mettere a segno dei guadagni al di fuori dei periodi di QE. Considerato che le banche centrali finiranno prima o poi per chiudere i loro rubinetti di liquidità è legittimo dedurre che i rialzi dei mercati azionari dovranno essere ottenuti con un incremento degli utili delle imprese” conclude Christophe Bernard.
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