buyback
Meglio puntare sui buy back o sui dividendi?
2 Luglio 2014 15:30

o Standard & Poor's, le 500 aziende americane più importanti del listino azionario di Wall Street hanno speso il 59% in più rispetto a un anno fa per operazioni di buy back, cioè per il riacquisto di azioni proprie.
Nello stesso arco di tempo, gli exchange-traded funds (ETF) focalizzati sulle società oggetto di buy back hanno visto quadruplicare i flussi a 3,3 miliardi di dollari.
Nonostante questo indubbio salto di qualità, in termini di volumi, gli ETF legati ai buyback continuano a vivere all’ombra degli ETF focalizzati sulle società high dividend che infatti vantano qualcosa come 60 miliardi di dollari di asset. E questo sebbene le aziende che optano per il buy back tendano ad essere imprese redditizie e solide, e, quindi, dei buoni investimenti, nonostante il trend di riacquisto di azioni proprie possa rallentare nei prossimi mesi.
In entrambi i casi, sia tramite la distribuzione di dividendi che per mezzo del riacquisto di azioni proprie, le società possono trasferire i profitti agli azionisti. I buy back, di solito, tendono a far lievitare il prezzo delle azioni, e lo fanno senza conseguenze fiscali per gli azionisti che infatti sono costretti a pagare di più per le plusvalenze solo nel caso vendano i titoli nel breve termine.
Il pagamento dei dividendi, invece, è tassato come reddito ordinario nell'esercizio in cui viene incassato e, quindi, sconta la tassazione in vigore: per esempio, i dividendi di azioni italiane da ieri, primo luglio, subiscono la ritenuta fiscale del 26%. Per contro, il capitale necessario per i buy back soddisfa le richieste a breve termine degli azionisti ma il problema resta sempre lo stesso: e cioè sapere se quelle risorse avrebbero potuto essere meglio utilizzate dal management per iniziative strategiche a più lungo termine. Sul mercato sono disponibili fondi azionari specializzati sui titoli ad alto dividendo mentre per puntare sulle aziende che hanno avviato operazioni di buy back è necessario investire in fondi a gestione attiva capaci di selezionare le aziende con maggiori potenziali di crescita tra le quali figurano anche quelle che hanno in corso riacquisto di azioni proprie.
Nello stesso arco di tempo, gli exchange-traded funds (ETF) focalizzati sulle società oggetto di buy back hanno visto quadruplicare i flussi a 3,3 miliardi di dollari.
Nonostante questo indubbio salto di qualità, in termini di volumi, gli ETF legati ai buyback continuano a vivere all’ombra degli ETF focalizzati sulle società high dividend che infatti vantano qualcosa come 60 miliardi di dollari di asset. E questo sebbene le aziende che optano per il buy back tendano ad essere imprese redditizie e solide, e, quindi, dei buoni investimenti, nonostante il trend di riacquisto di azioni proprie possa rallentare nei prossimi mesi.
In entrambi i casi, sia tramite la distribuzione di dividendi che per mezzo del riacquisto di azioni proprie, le società possono trasferire i profitti agli azionisti. I buy back, di solito, tendono a far lievitare il prezzo delle azioni, e lo fanno senza conseguenze fiscali per gli azionisti che infatti sono costretti a pagare di più per le plusvalenze solo nel caso vendano i titoli nel breve termine.
Il pagamento dei dividendi, invece, è tassato come reddito ordinario nell'esercizio in cui viene incassato e, quindi, sconta la tassazione in vigore: per esempio, i dividendi di azioni italiane da ieri, primo luglio, subiscono la ritenuta fiscale del 26%. Per contro, il capitale necessario per i buy back soddisfa le richieste a breve termine degli azionisti ma il problema resta sempre lo stesso: e cioè sapere se quelle risorse avrebbero potuto essere meglio utilizzate dal management per iniziative strategiche a più lungo termine. Sul mercato sono disponibili fondi azionari specializzati sui titoli ad alto dividendo mentre per puntare sulle aziende che hanno avviato operazioni di buy back è necessario investire in fondi a gestione attiva capaci di selezionare le aziende con maggiori potenziali di crescita tra le quali figurano anche quelle che hanno in corso riacquisto di azioni proprie.
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